Il fantasma bianco in Borgovico
Colata di cemento a fronte lago

Nel tratto della strada dietro Villa Olmo il nuovo quartiere spicca nel paesaggio

I nuovi fabbricati disturbano il panorama fatto di ville ed antichi edifici

Dalla via Borgovico, nel tratto che sbocca nella zona retrostante Villa Olmo, il cantiere della lunga serie di caseggiati a ridosso della montagna si nota appena, dai varchi d’accesso aperti fra gli edifici sulla strada.

È un nuovo quartiere cresciuto giorno per giorno. Ma il passante, che bada soprattutto a destreggiarsi tra le auto lungo la trafficatissima tangenziale, gli dedica qualche fuggevole occhiata e tutt’al più si chiede quali saranno in futuro gli inquilini del nuovo abitato. È certo un nuovo sovraccarico di un contesto ambientale largamente compromesso dai caseggiati che si arrampicano lungo il dorsale della montagna, allungandosi fino a Monte Olimpino, ma che dal basso si nota appena. Se però la visuale si sposta lateralmente, dal centro lago o dalla sponda orientale, ecco che la massa di edifici in costruzione si sporge oltre gli edifici storici e appare in piena luce.

Una sovrapposizione di figure

L’effetto è di una sovrapposizione di figure: gli edifici storici sembrano far corpo con i nuovi fabbricati, che li avvolgono, li sovrastano.

L’apparizione di un fantasma bianco, perché gli ultimi nati nel settore della periferia urbana sono candidi, come una pennellata di biacca sullo sfondo della montagna. L’intrusione di questa macchia bianca è più evidente nelle ore del tardo pomeriggio, quando sta per imbrunire. Vedere per credere. Ecco qualche elemento di giudizio della modificazione ambientale, in ordine cronologico. La prima immagine è proprio un omaggio più o meno nostalgico a un eden perduto, o a un civile esempio di ordinamento urbanistico che non aveva bisogno di un moderno piano regolatore per integrarsi felicemente con il paesaggio lacustre.

Dalla storia il buon esempio

Si tratta di un’acquaforte colorata alla tempera di un finissimo incisore ottocentesco, Johann Jacob Falkeisen (Basilea 1804-1883), stampata a Milano nel 1840 da Federico Artaria, celebre editore originario di Blevio.

Rappresenta una situazione ottimale: le ville settecentesche disposte in bell’ordine e dietro di loro il morbido tappeto verde di un dorsale montano ancora integro.

Il titolo indica con chiarezza che il pittore si è avvalso di una prospettiva colta da un dagherrotipo del Borgo Vico, “au lac de Como”. Non una fantasticheria, ma un aspetto del reale. Spostiamo l’obiettivo ideale di questa descrizione per ricordare come appariva la stessa zona poco tempo fa, libera da cortine edilizie. L’apparizione di queste ultime è evidenziata da due istantanee, una da lontano, un’altra a distanza ravvicinata, che mostrano i massicci blocchi edilizi in tutta la loro candida imponenza invasiva. E sorge spontanea, allora, una domanda: ma perché tutta questa nivea esibizione? Non si poteva mascherare meglio, con un colore adatto, almeno la superficie di questi colossi che disturbano una delle più preziose panoramiche delle antiche residenze nobiliari sul Lario? 

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