Il papà di Riella agli amici: sta bene
Nella squadra di ricerca oltre 20 uomini

GravedonaIl fuggitivo sarebbe stato visto da un bracconiere che ha tranquillizzato i famigliari Sul campo il nucleo investigativo della penitenziaria si appoggia ai carabinieri di Menaggio

Massimo Riella sta bene. E continua a nascondersi in una delle centinaia di baite della vallata in cui è nato e cresciuto, molto probabilmente continuando a muoversi e a cambiare rifugio.

Nulla di ufficiale, è chiaro.

La fuga

Ma gli invesigatori che stanno dando la caccia al fuggitivo di Brenzio, scappato agli uomini della penitenziaria che lo aveva accompagnato sulla tomba della madre, hanno la certezza che Riella sia vivo e vegeto, e che questo lo sappiano anche le persone a lui più vicine. Una certezza dovuta a due fattori in particolare. Uno oggettivo: quando, nelle scorse settimane, un agente della penitenziaria ha organizzato un incontro nel bosco accompagnato dal padre di Riella per cercare – invano – di convincerlo ad arrendersi, ha si sparato alcuni colpi di pistola, ma indirizzando la pistola in alto. E non, come denunciato dal padre ai carabinieri, ad altezza uomo. Tanto da ipotizzare che il figlio potesse essere stato colpito. Il secondo intuitivo: persone vicine al padre del fuggiasco, infatti, sono state tranquillizzate dallo stesso Domenico Riella sul fatto che il figlio stesse bene. È probabile che qualche bracconiere, amico del detenuto accusato di aver rapinato due anziani, sia riuscito a incrociare la strada con lo stesso Massimo Riella. Potendo così tranquillizzare i suoi famigliari sulle condizioni di salute.

L’indagine

Nel frattempo le ricerche proseguono. L’indagine è assegnata al Nucleo investigativo della polizia penitenziaria di Milano. Un dirigente del nucleo si è trasferito in pianta stabile sul lago, per poter seguire da vicino la caccia all’uomo. Sono almeno venti gli agenti della penitenziaria impiegati nelle ricerche e negli accertamenti. A dare un aiuto logistico e di esperienza il nucleo operativo radiomobile dei carabinieri di Menaggio.

Un nucleo composto da pochissimi uomini, ma profondi conoscitori di luoghi e persone.

E sono loro a fornire ai colleghi della penitenziaria le dritte riguardanti a possibili sospetti, ai luoghi maggiormente frequentati da Riella, nonché suggerire le modalità di azione da mettere in campo su un territorio difficile dal punto di vista investigativo. Basti dire che l’eventuale pedinamento di un amico o di un possibile contatto del fuggitivo, sarebbe impresa ardua se non addirittura impossibile nel momento in cui ci si inerpica per strade dove ogni forestiero viene individuato in tempo reale e segnalato.Certo il tempo non aiuta Massimo Riella che, per quanto profondo conoscitore di ogni albero della vallata dove si sta nascondendo, ha indubbiamente anche bisogno di approvvigionamenti senza contare la sua dipendenza dalla cocaina, causa di tanti guai (a cominciare dall’accusa di rapina). Le ricerche continuano.

Paolo Moretti

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