Il Politecnico getta la spugna
«Il Campus al San Martino non si farà»

La Prorettrice Brovelli d’accordo con l’analisi di Tajana sulle pagine de L’Ordine. «Ben venga qualsiasi proposta intelligente per non lasciare che prevalga l’abbandono»

«Lo do per certo, il campus al San Martino non ci sarà mai più». È partendo da questo presupposto, non ancora ammesso all’unanimità, che Maria Antonia Brovelli, prorettrice del polo comasco del Politecnico di Milano, si garantisce pronta ad accogliere qualunque «proposta intelligente per non lasciar cadere a pezzi quel posto».

Rientra a pieno titolo tra le proposte meritevoli quella presentata ieri su L’Ordine da Clemente Tajana, ingegnere e architetto dirigente in Comune per quasi trent’anni, attualmente docente all’accademia di belle arti Aldo Galli. Ha ipotizzato un «archivio in progress» per i quattro atenei di Como (Politecnico, Insubria, Conservatorio, accademia Galli) senza distinzioni tra facoltà scientifiche e umanistiche, che sia dedicato alla ricerca, ai dottorandi, a una «Agorà degli studenti».

Ha previsto, Tajana, anche la possibilità di spostarci il museo della seta (attualmente al Setificio) e di riqualificare il parco esterno, il più grande di Como e tra i più malandati, coprendo i costi elevati della manutenzione straordinaria dopo il lungo abbandono con un mix di risorse pubbliche e private. «Sono convinta sia un bene che la città si interroghi su come usare un’area così importante - continua la prorettrice - Bisogna trovare una nuova vocazione tramontata definitivamente. A noi va bene qualunque ipotesi seria purché non si resti alla situazione che vediamo oggi dalle nostre finestre».

Per quanto riguarda il Politecnico, le idee della dirigenza ormai sono allineate sulla graduale dismissione del polo comasco dove nel giro di pochi anni non resteranno che «attività minori», o «di nicchia». Non si tratta di un’ipotesi in questo caso ma di un indirizzo già adottato con delle scelte precise. «Per noi il campus era un rilancio e un’occasione di reale sviluppo - spiega - Con l’abbandono del progetto è cambiato il nostro modo di vivere la città. Abbiamo iniziato a spostare i corsi concentrandoli su Milano. Disegno industriale è già partito a Milano e lo chiuderemo a Como, Ingegneria gestionale sarà a Bovisa, chiuderemo anche il triennio di Ingegneria ambientale. L’ultimo corso è partito a settembre e i ragazzi proseguiranno qui per i prossimi due anni, i nuovi iscritti invece inizieranno a Milano».

Le sorti del parco del San Martino oltre tutto non sono orientate a un più roseo destino degli immobili. Emilio Trabella, esperto agronomo, paesaggista e presidente della società Ortofloricola comense, lo ha studiato in più occasioni e non esita a definirlo come «il nostro Central Park». Per questa ragione insieme all’associazione Iubilantes aveva incontrato le direzioni dell’azienda ospedaliera Sant’Anna e dell’Asl, tutt’ora proprietari dell’area, proponendo un recupero almeno parziale del ricchissimo patrimonio verde superstite. «Ci sono splendidi viali di tigli, di platani, di cedri - afferma Trabella - Non vengono potati da anni e sono cresciuti troppo “a candelabro”, in altezza. Oggi non sono sicuri. Dovrebbero essere recuperati con potature correttive leggere e non eccessive, ci vorrebbero almeno tre anni». Potature a parte, solo per iniziare con la bonifica del parco servirebbero circa duecento mila euro per le tre o quattro persone a tempo pieno necessarie il primo anno da marzo a novembre.

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