La grande nevicata dell’85
Quando i comaschi
spalavano al Sinigaglia

In tre giorni di gennaio la città fu ricoperta dalla neve. In poche ore caddero addirittura 110 centimetri di neve, un record

Como

Cominciò tutto con un gran calcio al volo da uno spiovente fuori area. Quella domenica, a San Siro - sponda Milan -, Matteoli segnò la prima di due reti che avrebbero fatto storia, mentre i primi fiocchi imbiancavano il prato del Meazza.

Di lì ai tre giorni successivi, non solo sui prati ma sulle strade, nelle piazze, nei giardini e sui tetti di Como, cadde una nevicata destinata a imprimersi per sempre nella memoria di tutti noi comaschi di allora. Nei libri di storia è scritto che l’ondata di gelo - rigorosamente siberiana - provocò in un primo tempo estese nevicate su Toscana, Umbria, Lazio (Roma compresa) e che, subito dopo, tra il 14 e il 17 gennaio, si spinse fin su Milano e sulla Lombardia. A Como, nel giro di pochissime ore, caddero addirittura 110 centimetri di neve, un record per la città.

«Ricordo che si spalava tutto il giorno inutilmente», racconta Paolo Frisoni, allora come oggi assessore comunale, sia pure con deleghe diverse, visto che nel 1985 si occupava di vigilanza urbana: «Bastava un’ora e la neve tornava al suo posto. Altri tempi, comunque: il piano di emergenza approntato dal Comune funzionò molto bene e in realtà pochissimi si lamentarono. I guai peggiori li subirono i comaschi che vivevano nei quartieri periferici, lungo strade secondarie in cui si viaggiava meno . E lungo le quali i nostri mezzi non riuscivano a passare».

. La mattina del 16 gennaio il cavalier Piero Catelli, il fondatore dell’Artsana, si tolse giacca e cravatta e sprofondò nella neve assieme ai suoi dipendenti per mettere in salvo la merce sotto il tetto di un magazzino che la neve aveva fatto crollare. Fu memorabile quel che avvenne una decina di giorni più tardi al Sinigaglia, coronamento di un’avventura iniziata e finita su un campo di calcio.

Il Como di Ottavio Bianchi aspettava la Roma ma i teloni stesi sul terreno di gioco non erano bastati a preservarlo. Un esercito di tifosi - all’epoca davvero pazzi di quella squadra - si diede da fare per una notte intera. Alla luce dei riflettori rimasti accesi per ore, spalarono tonnellate di neve con il coordinamento dell’eterno Livio Prada. Comparve anche un Apecar un po’ smarmittato. Peccato solo per la partita. Uno scialbo zero a zero nel fango.

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