L’addio a Gabriel: lacrime e il saluto della mamma

Le esequie Piena e silenziosa la chiesa del Rosario per i funerali di uno dei quindicenni morti in stazione

Silenzio. La chiesa della Beata Vergine del Rosario è piena all’inverosimile, ma nessuno parla: il dolore è troppo grande, ora è il tempo della meditazione e, anche, della sofferenza. Di fronte al mistero della morte, pure i più forti vacillano. I loro occhi, ben presto, diventano lucidi. «Ragazzi, non abbiate vergogna di piangere: apritevi, chiedete aiuto, esprimete ciò che avete nel cuore. Le lacrime sono segno di umanità, non di debolezza».

In una città ancora attonita per quanto successo, il silenzio dei giovani forse vale più di mille parole. Sono tantissimi i giovani seduti sui banchi. Ancora di più sono quelli rimasti in piedi, in fondo alla chiesa o ai lati. Proprio a loro, distrutti dal dolore per la perdita di Gabriel Manuel Tejada Reyes – amico fraterno di alcuni, compagno di scuola o di squadra di altri – l’arciprete di Sondrio don Christian Bricola rivolge queste parole cariche di speranza, in un momento in cui è il dolore che sembra avere la meglio.

«Non da soli»

«Da soli, ragazzi, non si riesce a gestire il lutto: quello che è successo ci ha lasciati tutti senza parole. Imparate a chiedere aiuto, a rivolgervi a noi, più grandi, per confidare le vostre sensazioni. Davvero, non abbiate paura di piangere».

Nella pagina di vangelo proclamata, il racconto della morte di Lazzaro, è Gesù il primo a commuoversi di fronte alla morte dell’amico. «Anche oggi il Signore piange con tutti noi: vedendo la nostra sofferenza, Cristo ci è accanto e ci vuole semplicemente abbracciare», commenta l’arciprete.

Non è certo facile per don Christian parlare davanti a un’assemblea così numerosa, così provata per la morte prematura di Gabriel: una città intera – è il caso di dirlo – piange questo giovane portato via una settimana fa esatta, assieme all’amico Meriton Ajeti, nel tragico incidente ferroviario di San Pietro Berbenno.

Fino all’ultimo rimangono accanto alla bara – di legno chiaro, illuminata dai raggi del sole che rischiarano la chiesa della Beata Vergine del Rosario – mamma Claribel, provata dal lutto più grande, messa alla prova da una morte a dir poco inconcepibile, e i fratelli Frencys e Cleudy, oltre ai parenti e ai numerosissimi amici. A loro, in particolare, rivolge un saluto affettuoso don Christian, che ricorda – allo stesso tempo – i familiari dell’altra vittima e del capotreno, a dir poco straziato per l’accaduto.

La speranza

«Dalla mamma di Gabriel ho ricevuto l’insegnamento più bello. Mentre parlava con me, mi ha detto che ora non sa come fare, ma deve lasciare andare suo figlio. È un esempio stupendo di grande fede». Già, «la cicatrice resterà per sempre, è innegabile, ma se vogliamo superare questo momento difficile dobbiamo avere il coraggio di guardare in alto e fare spazio alla speranza».

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