Nuove panchine senza schienale, polemica a Como

Nel mirino quelle di piazza De Gasperi e della futura piazza Volta. Il parroco di San Giuliano: «Gli anziani come fanno?»

I comaschi litigano sulle panchine. Fanno discutere le nuove panche previste nei progetti di riqualificazione di piazza De Gasperi (lavori ormai conclusi) e piazza Volta (non ancora partiti). Il motivo? Non hanno lo schienale, dettaglio che ha fatto arrabbiare tanti anziani in queste settimane. Saranno scomode - questa l’accusa - e non consentiranno alle persone di riposarsi nel migliore dei modi. A riaccendere il dibattito è la lettera di un sacerdote, peraltro non nuovo a prese di posizione “forti”. Il parroco di San Giuliano, don Roberto Pandolfi, ha pubblicato online una riflessione dedicata proprio al caso delle panchine. Critica la tipologia scelta per piazza Volta, «molto eleganti ma senza la possibilità di appoggiare la schiena». «E le persone anziane come faranno?, mi sono detto.  Mi è venuto da pensare - scrive - a quale tipo di uomo abbia in mente chi ha elaborato il progetto. Senza dubbio un uomo che non ha problemi fisici, che non ha bisogno di riposare il corpo stanco. Panchine solo per persone efficienti, giovani, turisti che interrompono per un attimo il loro giro della città e poi via, subito di nuovo in pista. Panchine considerate come i box di un gran premio di Formula Uno, dove si sosta brevissimamente per un motivo tecnico e non stai certo a parlare di problemi esistenziali con i meccanici. Mi sono chiesto, sicuramente sbagliando, in quale considerazione vengano tenute, nella nostra città, le persone anziane “normali”, quelle che fanno un po’ fatica a camminare, quelle che amano “contarla su” stando comodamente sedute, con la schiena appoggiata , quelle che amano leggere sulla panchina. Forse c’è in giro un po’ troppo giovanilismo. Con la rottamazione (nelle parole più che nei fatti) renziana, con la carica dei politicanti trentenni e quarantenni si è creata l’idea che tutti quelli che hanno superato i sessant’anni debbano farsi da parte. E quale modo migliore per farglielo capire che escluderli dal vivere comunitario, creando semmai per loro dei circoli chiusi, anticamere dell’ospizio? Ma sì, facciamoli ritrovare a giocare a carte nei luoghi deputati a questo, organizziamogli qualche gita o pellegrinaggio, dove stiano solo tra di loro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA