Quella strana somiglianza
tra Mose e paratie di Como

Stessi sperperi, stesso iter, stessi cantieri eterni

Con una differenza: a Venezia è arrivata la Procura

mentre Como aspetta ancora la Corte dei Conti

Como

Cerchi Sacaim tra le carte della Procura di Venezia, trovi Mose. Paratie mobili, consorzi di imprese, intercettazioni telefoniche, mazzette, “stecche”, indagati. E soprattutto tante, troppe affinità con altre paratie, più piccole, più innocue, e però altrettanto salate. Le nostre.

Gennaio 2008, giugno 2014. Mezzo lotto completato - dovevano essere tre, con una bottiglia di champagne a infrangersi come sulla chiglia di una nave nuova di zecca il 27 dicembre 2010 -, 31 milioni di euro sacrificati alla causa (dovevano essere una dozzina), l’amarezza di chi maledì l’archiviazione tombale che la Procura, nel marzo del 2013, chiese e ottenne per l’indagine sull proverbiale muro («scelta infelice», lo definirono i giudici, ma penalmente «non rilevante»), e non già perché ci si augurasse la condanna di qualcuno (furono peraltro indagati pochi dirigenti comunali, non i politici che li indirizzarono) ma perché per un attimo si credette che qualcuno, finalmente, avrebbe potuto rimettere le cose al loro posto.

L’indagine della Corte dei Conti

Tanti, troppi anni più tardi, la storia dei bastioni pensati per difendere la città da esondazioni che peraltro non si verificarono più (quasi che la natura avesse deciso di prenderci tutti per i fondelli), quella storia “chiama” il confronto con lo scandalo delle paratie veneziane.

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