Sea Watch: sbarcati
grazie a una comasca
«Venti giorni di assurda odissea»

Ex studentessa del liceo Volta protagonista delle trattative.«Sfido i politici a salire a bordo e rimanere insensibili a quello che avviene»

«Sono state settimane assurde, di trattative e scontri tra istituzioni. A farne le spese donne, uomini e bambini rimasti per 19 giorni in mare, d’inverno. Alla fine ce l’abbiamo fatta, ma per noi non è una vittoria». È comasca una delle protagoniste della svolta nelle difficili trattative che, ieri, si sono chiuse con lo sbarco delle 49 persone bloccate da prima di Natale sulle navi Sea Watch 3 e Sea Eye.

Ex studentessa del liceo Volta, laureata a Ginevra in diritto internazionale, Giorgia Linardi è la portavoce e la consulente legale della ong tedesca Sea Watch. E da tre anni e mezzo gira il Mediterraneo nelle missioni che hanno salvato la vita a centinaia di essere umani.

«Sappiamo che il contesto attuale è complicato - spiega, da Malta, Giorgia - L’aspetto politico sta prevalendo in modo violento, ma noi crediamo di muoverci in un quadro legale preciso. Non avevamo però messo in conto un’odissea come questa». Diciannove giorni di trattative con gli Stati membri dell’Unione Europea: «Sono state settimane da un lato assurde, dall’altro di grande solidarietà e di supporto da parte della società civile, con sindaci che hanno aperto i porti, skipper che volevano raggiungere le nostre navi per aiutare le persone a bordo, l’appoggio e la solidarietà del Papa e della Chiesa». Ma anche con una situazione, a bordo delle navi, sempre più tesa: «Il nostro equipaggio ha fatto un lavoro miracoloso - prosegue - A bordo c’erano 11 diverse nazionalità che hanno condiviso una sola stanza, senza letti per tutti, in una frustrazione crescente.

E l’Italia ha giocato un ruolo ambiguo in questa drammatica odissea. Con lo scontro istituzionale tra Salvini da una parte, il premier Conte e Di Maio dall’altra, che ha fatto saltare il banco in almeno un paio di occasioni, ritardando lo sbarco dei migranti. E mentre i politici litigavano per «mantenere posizioni che gli garantiscono fedeltà elettorale», la vita a bordo proseguiva.

«Una bimba di 11 mesi è salita a bordo che gattonava - racconta ancora Giorgia Linardi - e ha mosso i suoi primi passi sulla nave, aiutata da un ragazzo sudanese che non era parente, ma che si è affezionato a lei». Quelle vite in balia delle onde sono state un monito per l’Europa intera, divisa tra rigidità politiche da una parte e la solidarietà della società civile: «Sfido qualunque politico - prosegue la giovane comasca - a salire a bordo di una delle nostre navi e poi scendere senza il desiderio di risolvere quanto prima la situazione».

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