Si licenzia e va in Africa
La scelta di vita di Carlotta

Una laurea in tasca, ma sei mesi fa ha deciso di lasciare Tavernola

Al lavoro come volontaria: «Che povertà, in Zambia c’è tanto da fare»

Lasciare tutto per trovare il proprio posto nel mondo. Cambiare vita per fare qualcosa che riempia il cuore, invece che rendere ricchi. È ciò che ha fatto Carlotta Toscano, 28 anni di Tavernola, laurea in comunicazione, che sei mesi fa ha messo 11mila chilometri tra sé e casa ed è andata a fare la volontaria in Zambia in una missione dell’Associazione comunità Papa Giovanni XXIII.

«Quando ho deciso di partire non sapevo nemmeno dove fosse lo Zambia - racconta - adesso non vedo l’ora di tornare in quella terra di sole e sorrisi». Mal d’Africa, lo chiamerebbe qualcuno. Ma non lei. «La verità è che in Africa fa un caldo insopportabile, non c’è acqua, si mangia male – spiega – soprattutto, le persone, i bambini, muoiono intorno a te. Come mosche. Ma io mi sento chiamata proprio là».

Ha ricominciato tutto

Una scelta sofferta, ma mai rimpianta. Anche se per seguire l’istinto ha lasciato una casa, una vita autonoma, un lavoro a tempo indeterminato che le piaceva e le dava soddisfazioni. Poteva fare carriera, invece ha deciso di licenziarsi per ricominciare. «Mi sono resa conto che mi mancava qualcosa, che stavo andando in corto circuito – racconta – in Africa ho scoperto che la vera gioia è quella che vedo riflessa negli occhi delle persone che incontro; ho scoperto che sono felice di andare a dormire, la sera, sapendo che la fatica quotidiana ha un senso profondo: quello di essere parte di un disegno grande e bello».

Coraggiosa? «No, è un desiderio»

Era partita con l’idea di fare un’esperienza di pochi mesi. Invece a casa è irrequieta, la sua mente è ancora laggiù, tra i bambini di strada, le baraccopoli e le pratiche di adozioni a distanza da gestire. «Eppure non è stato facile – continua – all’inizio pensavo che avrei rivoluzionato e risolto un sacco di cose. Invece mi è toccato fare subito un grosso bagno di umiltà».

L’Associazione con cui collabora è presente in Zambia dal 1985 e tra i tanti progetti che ha sviluppato vi sono quelli per gestire le emergenze come quella della malnutrizione infantile e delle condizioni estremamente difficili degli orfani. «La mortalità entro il primo anno è dell’8% – spiega - e l’aspettativa di vita media è di 50 anni. Non c’è infante che non sia denutrito. E poi ci sono i bambini di strada: sono piccoli, anche sette, otto anni; sanno cavarsela da soli, chiedono l’elemosina e sniffano colla».

Don Oreste Benzi, il fondatore dell’associazione, diceva che una volta che hai visto, non puoi far finta di niente. È questo il mal d’Africa. E così si riparte, per un altro anno. «Non si tratta di coraggio: sto semplicemente seguendo un desiderio. La mia scelta di campo - conclude – è il sociale. L’Africa, al momento, è solo una tappa del percorso».n.

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