Tornano gli abusivi del posteggio
Viale Varese, automobilisti pedinati

Nella maggior parte dei casi sono rom. Indicano i posti liberi poi chiedono soldi

Storia di “Pablo”: «Lavoro tutti i giorni, non di domenica né di lunedì: non conviene»

Attendono pazienti. Per tutto il giorno, almeno fino al calar del sole, ma qualcuno anche a notte fonda.

Stanno a scrutare le automobili che escono dai parcheggi fuori dalle mura in viale Varese. Puntano le auto che si sono già immesse nell’area di sosta alla ricerca di uno stallo libero, poi cominciano le manovre di avvicinamento segnalando al guidatore di turno l’avvenuta liberazione del parcheggio; se il conducente lo avesse già visto da sé e magari perfino prima di loro, poco importa: ci proveranno col prossimo.

I parcheggiatori abusivi sono tornati lungo il viale e non sembrano avere alcuna intenzione di demordere, ai semafori in entrata e uscita del viale bussano ai finestrini chiedendo analogo contributo economico, e la situazione entrando in città murata non sembra cambiare granché.

Girano stranieri di giovane età, spesso rom (in due casi ieri erano senegalesi, in via Indipendenza e in via Cinque Giornate) che cercano di infilare libri in mano ai passanti con insistenza per poi chiedere di pagarli, ma anche italiani che chiedono apertamente soldi senza nulla in cambio. In via Plinio ieri pomeriggio un cittadino italiano ha supplicato un gruppo di assessori e dirigenti comunali seduti al bar (c’erano gli assessori Gisella Introzzi e Luigi Cavadini insieme ai dirigenti Maurizio Ghioldi e Giovanni Fazio) di lasciare loro dei soldi per arrivare all’importo necessario ad acquistare un biglietto ferroviario che avrebbe utilizzato - così diceva - per raggiungere un figlio lontano.

Intanto abbiamo incontrato “Pablo”, almeno così dice di chiamarsi uno dei «segnalatori di parcheggio» stanziale in viale Varese in questo periodo: ricava soldi chiedendo un corrispettivo per il servizio a suo parere svolto lasciando all’automobilista beneficiario di tali attenzioni la libertà di stabilire l’importo della donazione, e in alternativa, per chi non ritenesse soddisfacente il “servizio”, propone l’acquisto di un panetto di accessori, a suo dire in vendita promozionale, tra cui il conducente può scegliere. Cinque euro un pacchetto di tre paia di calze, 12 euro una cintura, altrettanti un portafogli. Importi trattabili, s’intende. Si porta tutto in un sacchettone bianco che non abbandona mai e tiene saldo in mano per avere la selezione merceologica subito disponibile anche mentre cammina su e giù per il viale. Continua a proporli, nelle varianti uomo e donna, seguendo l’automobilista anche quando va a pagare il parcometro e ritorna all’auto per esporre il ticket sul cruscotto.

Dice di avere 51 anni e di guadagnarsi da vivere con questa serie di attività in viale Varese, che svolge cinque giorni a settimana. Dice di non lavorare la domenica, perché è musulmano e «non si può», e nemmeno il lunedì, almeno a Como. «Non conviene, c’è poca gente. Il lunedì vado a Piacenza». Dice di essere in Italia da 25 anni e di abitare a Milano insieme ad «amici», così non paga l’affitto e se la cava pagando alcune spese. Ha nel portafogli un malloppo di tessere e documenti, tra quelli che ci mostra c’è una carta d’identità del Senegal, una patente italiana, la Crs della Lombardia, un abbonamento del treno.

Dice di non di non conoscere gli altri “colleghi” in viale Varese e di venirci per libera scelta, limitandosi a questa strada. Non sa dove si trova piazza Cavour che non ha mai sentito nominare e ha la più vaga idea della direzione da prendere per raggiungere il Duomo, 400 metri in direzione nord-est.

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