Vendita dei bus turistici di Spt
«Condannate Gandola a tre anni»

L’ex presidente è accusato di truffa, corruzione e turbativa d’asta per il bando “guidato”. Il pm: «Ha fatto tutto ingannando il cdr». La difesa: «Non era necessaria la gara»

Un bando fasullo, o meglio ad hoc, aggiudicato a un’azienda vincitrice amica e al quale ha partecipato, ma solo “per perdere”, un’altra ditta compiacente. Il tutto il cambio di un posto da direttore della nuova azienda, con uno stipendio di 4.285 euro lordi al mese.

Un quadro, questo, che è stato delineato in aula dal pubblico ministero Mariano Fadda nella sua requisitoria. Il protagonista, secondo l’accusa, è Gianandrea Gandola, allora presidente della Spt (Società pubblica trasporti) Spa, poi diventato presidente dell’altra Spt, cioè la Società privata trasporti Srl. Gandola è accusato di truffa, turbativa d’asta e corruzione, cosi come Antonio e Salvatore Battaglia, rispettivamente 54 anni di Gironico il primo, 70 anni di Olgiate Comasco il secondo, e Marco Borella, amministratore della società di Lugano Tilink Sagl, partecipante alla gara per la cessione della società, al quale non è però contestata la corruzione.

«Meglio i piccioni viaggiatori»

Il pm ha chiesto per Gandola e i fratelli Battaglia 3 anni di carcere, mentre per Borella un anno e sei mesi.

Il caso riguarda la cessione del ramo dei pullman turistici a noleggio, venduti a 400 mila euro, tramite un bando a evidenza pubblica che sarebbe stato “pilotato”, avvenuto tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009. «Gandola, per questa cessione, ha tenuto all’oscuro e ingannato i membri del consiglio di amministrazione di Spt. La Spt era una società con soldi e soci pubblici e per questo era pacifico attendersi un bando di evidenza pubblica». Che poi tanto evidente, secondo il pm, non era, visto che «era stato pubblicizzato su Il Tempo di Roma, che a Como non vende nemmeno una copia, che per leggerlo serviva addirittura la lente di ingrandimento. Era più evidente con i piccioni viaggiatori».

E poi c’è la posizione dell’azienda Basco dei fratelli Battaglia. «Tra i requisiti, c’era anche la possibilità di accettare aziende senza alcuna esperienza, proprio come la Basco. E al bando risponde anche un’azienda ticinese che conosceva lo stesso Gandola. La Tilink partecipa, ma lo fa apposta per perdere, con un’offerta 20mila euro inferiore al limite. Insomma, ai Battaglia “piaceva vincere facile”, come dice la pubblicità». Fadda ha ribadito come quel ramo di azienda sia stato venduto a un valore nettamente inferiore al reale, visto che solo i pullman avevano un valore di 400mila euro, senza considerare tutto il resto: sito internet e il marchio Spt. «Coincidenze che rappresentano le prove» secondo Fadda.

«Non era il mago Silvan»

I difensori (Vincenzo Montano e Angelo Giuliano per Gandola, Mauro Mocchi per i battaglia e Piermario Vimercati per Borella) hanno chiesto l’assoluzione di tutti gli imputati. In particolare Montano ha sottolineato come Gandola non potesse «fare come il mago Silvan, lasciando all’oscuro tutto il cdr sull’operazione di vendita del ramo d’azienda». Inoltre ha spiegato come non era necessaria nemmeno l’evidenza pubblica, ma che addirittura era possibile accedere a una trattativa privata, senza alcun bando.

Più defilata sembra essere la posizione dell’imprenditore elvetico Borella, come spiega Vimercati: «Non era necessaria la presenza della Tilink alla gara per renderla valida. Poteva benissimo esserci una sola offerta. Inoltre si prospetta di un vantaggio acquisito dall’amicizia con Gandola. Ma tale vantaggio non solo non è mai stato individuato, ma non è stato neppure ipotizzato».

Il processo è stato rinviato a fine mese per le repliche delle parti e la sentenza.

Raffaele Foglia

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