Vigili, concorso truccato
Si rischia il colpo di spugna

Como, un errore di notifica rischia di far naufragare definitivamente l’inchiesta

COMO - L’hanno studiata anche scientificamente, la legge di Murphy. Quella che dice che se qualcosa deve andare male, stai pur certo che così sarà.

Una legge evidentemente applicabile al fascicolo sul concorso farsa per un posto da vigile urbano a Como che già fece inciampare l’ex segretario - in Comune - dell’allora assessore Francesco Scopelliti, ovvero Bruno Polimeni, condannato per rivelazione del segreto d’ufficio, ma che da sei interminabili anni si trascina dietro il nome di un altro assessore, senza che questo sia stato ancora giudicato.

E anche ieri la telenovela giudiziaria di Paolo Gatto, già responsabile del Commercio e della Moda sotto la giunta di Stefano Bruni, ha vissuto l’ennesimo colpo di scena.

La responsabilità, questa volta, è di un errore di notifica dell’udienza preliminare a carico dell’ex assessore che, per questo, non si è presentato in aula. A farne le veci un avvocato d’ufficio, che ha sollevato la questione del difetto di notifica, un aspetto puramente formale che però provocherà uno slittamento di almeno un paio di mesi del fascicolo infinito.

Il nome di Paolo Gatto, come possibile suggeritore non autorizzato delle tracce che il giorno dopo sarebbero state proposte ai candidati per un posto da agente della polizia locale, era stato fatto proprio dalla candidata che a lui si era rivolto - per sua stessa ammissione - per una raccomandazione, Agrippina Simili.

Fin dalle prime convocazioni in procura dei concorrenti e di coloro che - secondo quanto avevano ricostruito gli inquirenti - erano venuti a sapere in anticipo le tracce della seconda prova scritta del concorso, era stato verbalizzato il nome di Paolo Gatto. E lo stesso Gatto era comparso a fornire la propria versione sulla vigilia di quell’esame.

Eppure negli anni successivi il fascicolo finì per travolgere capi di gabinetto, funzionari della Regione, rappresentanti sindacali dei vigili (quasi tutti poi assolti, complice anche quello che i giudici definirono un’inchiesta “travegliata) ma mai l’allora assessore Paolo Gatto.

Ci provò un giudice delle udienze preliminari a ordinare l’imputazione coatta dell’ex amministratore comunale, ma - sempre per una questione formale - non ottenne l’ok dei giudici della Cassazione.

Furono nell’aprile scorso i giudici di Como a demolire sia l’inchiesta che il ruolo del mancato indagato nell’intera vicenda.

Il risultato fu un’inchiesta aperta a Brescia con il fascicolo inviato di nuovo sul Lario e la richiesta di rinvio a giudizio a carico di Paolo Gatto. Ieri era attesa l’udienza preliminare, e invece tutto è slittato nuovamente. A tra due mesi.

Nel frattempo la prescrizione cavalca: tra poco più di un anno sul reato calerà un colpo di spugna inappellabile. E con questi tempi appare un esito inevitabile.n

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