A Como dopo l’assemblea a Lione della Silk Union.«Seta più sostenibile delle fibre sintetiche. Lo dicono i numeri»

Di ritorno dall’assemblea della Silk Union a Lione il bilancio di Laura Sofia Clerici, presidente dell’Ufficio italiano seta. «In arrivo il Life Cycle Assessment di tutta la filiera»

Nei primi sei mesi del 2023 le esportazioni dell’Italia per i prodotti di seta hanno segnato un + 10,1% rispetto all’anno precedente, dimostrando un andamento positivo del prodotto ricco e una formidabile posizione di forza strutturale del distretto tessile comasco. Di ritorno da Lione per l’assemblea annuale di International Silk Union, Laura Sofia Clerici, presidente dell’Ufficio Italiano Seta e consigliere della Teseo di Grandate, ha voluto sottolineare come la sostenibilità sia oggi una priorità per tutte le realtà industriali coinvolte della filiera.

«Per poter dire che la seta è sostenibile è necessario però partire da un Life Cycle Assessment che misuri l’effettivo impatto sull’ambiente, la quantità di emissioni di CO2 dell’intera filiera produttiva. Per questo motivo siamo partiti con uno studio che ha coinvolto sia le filande cinesi, sia le successive fasi di produzione. Oggi siamo nello step finale per la validazione dei numeri attraverso un audit esterno».

Il confronto

La seta nasce sostenibile prima di tutto perché è impossibile utilizzare pesticidi e sostanze chimiche, altrimenti morirebbe anche il baco, ma anche perché per la gelsicoltura vengono utilizzate vaste piantagioni con alberi di gelso che assorbono CO2. «L’emergenza dell’analisi LCA è dovuta all’uscita dell’Higg Index, uno studio di parte, finanziato dai produttori di fibre sintetiche, in cui risultava che queste ultime avevano un impatto ambientale notevolmente più basso rispetto alle fibre naturali come cotone, lana e seta - spiega Laura Clerici - i dati sono però inattendibili e non rappresentativi, tanto che l’Higg Index è stato contestato anche dai paesi del Nord Europa che hanno chiesto il ritiro di uno strumento definito di marketing fazioso e non scientificamente fondato».

La seta è una fibra sostenibile, con un basso impatto ambientale, ma anche durevole, altro tema di cui si parla in vista delle nuove direttive dell’European Green Deal.

Affermazioni come Green, Ecofriendly, oggi indispensabili per il marketing, non saranno più ammesse se non sono suffragate da precisi parametri oggettivi, scientifici e misurabili.

Il lavoro dell’Ufficio Italiano va in questa direzione. «Già ora i brand ci chiedono di dimostrare l’impatto ambientale della nostra produzione - riprende Clerici - per il momento non siamo in grado di dare una risposta solida, dobbiamo aspettare che fra pochi mesi i dati contenuti nell’LCA vengano validati e resi pubblici».

«Questo studio è stato fatto in seno a Ufficio Italiano Seta, Sistema Moda Italia, ma - fa presente Stefano Vitali, presidente uscente - ne trarranno beneficio non solo le aziende associate, ma tutta la filiera tessile comasca e italiana».

Il valore aggiunto

Se è vero che la Cina produce il 90% della seta mondiale, è Como che dà valore aggiunto a questa fibra attraverso il design, la creatività e la professionalità delle aziende comasche e dei 15mila addetti che lavorano nel settore. Un dato estremamente rilevante indica che dietro ad ogni brand ci sono tessuti prodotti a Como. Il filato di seta arriva dalla Cina, viene ritorto e lavorato in Italia o in Europa, quindi tessuto, tinto, stampato e finito nel distretto comasco prima di passare ai grossi brandi francesi e italiani. «Abbiamo una risorsa incredibile – conclude Guido Tettamanti, segretario di UIS - e stiamo parlando dei prodotti più costosi, belli e ricchi per i clienti più sofisticati ed esigenti ed è un peccato che la tradizione faccia fatica a trovare nuove leve interessate a formarsi in questo campo».

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