Accordo fiscale con la Svizzera
Tasse in Italia
solo per i nuovi frontalieri

Si delineano i primi elementi del documento che andrà a riformare l’intesa del ’74. Aureli: «La premessa è che l’anagrafica dei lavoratori sia trasmessa all’Agenzia delle entrate»

Ormai è chiaro che ottobre sarà il mese decisivo per le sorti del nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera, da cui dipenderà non solo la futura tassazione dei frontalieri, ma anche il nuovo corso dei ristorni ai Comuni (e realtà) di confine. Il 16 ottobre il ministro federale dell’Economia, Ueli Maurer, illustrerà in Ticino i punti cardine dell’accordo, chiamato a pensionare definitivamente quello sottoscritto nel lontano ’74 e operativo dal ’76.

Equilibrio

«Di sicuro sarà un accordo che dovrà trovare un equilibrio tra vecchi e nuovi frontalieri e sicuramente non sarà a costo zero per i lavoratori», sottolinea Sergio Aureli, esperto fiscale nelle relazioni tra Italia e Svizzera. Secondo i primi rumors per i “vecchi” frontalieri cambierà poco o nulla (per loro si profila un regime speciale), mentre per i “nuovi” frontalieri si profila o meglio l’accordo porterebbe in dote il pagamento delle imposte in Italia.

La domanda che agita la fase clou dei negoziati tra i due Paesi (sia il premier Giuseppe Conte che la presidente Simonetta Sommaruga hanno assicurato martedì che il nuovo accordo andrà in porto entro fine anno) è anche un’altra e la riassume così Sergio Aureli: «I dati dei frontalieri verranno forniti all’Italia? Solo nel momento in cui l’italia sarà in possesso dei nominativi dei lavoratori frontalieri potrà creare un sistema fiscale ad hoc, dando così corso alle differenziazioni che dovrebbero - il condizionale è ancora d’obbligo - essere alla base del nuovo accordo: frontalieri di categoria “A” e di categoria “B”, vecchi e nuovi frontalieri. Indipendentemente da come verranno classificati, tutto il ragionamento parte dal presupposto che servirà conoscere i nominativi dei lavoratori, non solo il numero complessivo dunque, ma anche il nome e cognome di ciascuno. Questo perché per creare una tassazione ad hoc bisognerà avere un’anagrafica dettagliata dei lavoratori frontalieri. Anagrafica che dovrà essere messa a disposizione dell’Agenzia delle Entrate. Ad oggi la Svizzera comunica unicamente il numero dei frontalieri all’Italia, ripartiti per Comune di residenza. Questo accordo, dunque, prevederà lo scambio dei dati? Solo rispondendo a questa domanda, si potranno creare le basi per arrivare ad una soluzione che soddisfi entrambe le parti».

Clausola di uscita

Da qui alle prossime settimane se ne saprà di più, tenendo conto anche di un fattore non di secondo piano e cioè che il prossimo 16 ottobre il presidente del Governo di Bellinzona, Norman Gobbi, formalizzerà al ministro federale dell’Economia la decisione ticinese di dar corso alla “clausola d’uscita” ovvero alla possibilità - confermata da uno studio dell’Università di Lucerna - di rescissione unilaterale dell’accordo del ’74. Bellinzona ha dalla sua la forza contrattuale dei ristorni, sin qui congelati una sola volta nel 2011.

«Con il nuovo accordo, Berna garantirà ancora i ristorni, vitali per i Comuni di frontiera? - chiosa Sergio Aureli -. Tutte queste ipotesi - si auspica - verranno chiarite da qui alle prossime settimane». È chiaro che senza ristorni diretti a Comuni e realtà di confine, difficilmente il meccanismo può reggere.

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