Accordo fiscale
«Frontalieri e Comuni
non ci perderanno»

Alfieri (Pd) difende il documento e replica alle critiche dei parlamentari 5Stelle «È stato Di Maio a spingere più di tutti per l’intesa»

«Sono sorpreso dalle polemiche del Movimento 5 Stelle sul percorso intrapreso per arrivare alla firma del nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera. L’input ad accelerare i negoziati è arrivato dal loro “Capo” politico, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. L’obiettivo comune resta mettere al sicuro i frontalieri e i Comuni di confine dalle derive populiste ticinesi, ma non solo. E per fare ciò abbiamo già previsto delle clausole euro-compatibili nella bozza di nuovo accordo che, all’insegna della leale collaborazione tra Paesi, blindano ad esempio i ristorni sino alla costituzione di un Fondo strutturale in loro sostituzione».

Il “fuoco amico”

La lunga chiacchierata con il senatore varesino del Partito Democratico, Alessandro Alfieri, parte da qui ovvero dal “fuoco amico” dell’alleato di Governo - il Movimento 5 Stelle con i deputati Giovanni Currò e Niccolo Invidia - che ha punto il dito contro Alfieri e il viceministro all’Economia Antonio Misiani, rei di trattare in solitudine con la Svizzera sul destino delle tasse dei frontalieri e dei ristorni ai Comuni di confine. Il senatore Alessandro Alfieri puntualizza due concetti importanti, anzi fondamentali da qui alla nuova intesa che pensionerà il granitico accordo del ’74. Anzitutto «arrivare ad una firma frettolosa dell’accordo non è il modus operandi corretto. Ricordo che poi servirà la ratifica del Parlamento e in quella sede prenderà forma il “Fondo strutturale” per Comuni e realtà di confine, che alla luce della tassazione sui nuovi contratti potrebbe anche essere implementato rispetto alle attuali cifre. Tempi? Credo che tra firma e ratifica occorrerà tutto il prossimo anno. Già oggi (ieri, ndr) c’è stato un primo incontro con le organizzazioni sindacali promosso dal Mef», sottolinea Alessandro Alfieri. Il secondo concetto - rimarca il senatore varesino - è che «a rimetterci non saranno i lavoratori, ma il fisco italiano, in virtù del minor introito derivante dal nuovo (e maggiore) regime di tassazione in Svizzera». In base alla teoria dei vasi comunicanti, la Svizzera introiterà di più rispetto all’Italia e questo perché - lo rimarca con forza Alessandro Alfieri - «le condizioni rispetto all’accordo del ’74 sono profondamente mutate e il nostro obiettivo prioritario è mettere al sicuro i frontalieri rispetto a tanti fattori che vengono avanti in particolare in Ticino, non ultimo le derive populiste che anche l’ultima consultazione popolare ha dimostrato più che mai attive nel Cantone di confine».

Le linee guida

Le linee guida delle trattative tra Stati confinanti saranno quelle già espresse dal Partito Democratico all’indomani dell’annuncio della firma entro l’anno del nuovo accordo: non un euro in meno ai Comuni, non un euro in più di tasse ai frontalieri. Ma è chiaro, come evidenziato anche dal nostro giornale, che per i “nuovi frontalieri” ovvero i nuovi contratti le regole d’ingaggio cambieranno (Ocst ha indicato un +20% alla voce tasse per i “nuovi” frontalieri). «Si partirà con nuove regole, ma in questi mesi avremo modo di definire, dialogando con le organizzazioni sindacali, forme di tutela per chi si avvicinerà dopo la ratifica del nuovo accordo al mondo del lavoro ticinese e svizzero - chiosa Alessandro Alfieri - credo siano maturi i tempi anche per arrivare ad uno “Statuto del frontaliere”. Lasciare le cose com’erano avrebbe significato rinviare i problemi in essere in là nel tempo. Confermo, infine, che per i frontalieri attualmente impiegati oltreconfine non cambierà nulla. Non avrebbe senso stravolgere le regole d’ingaggio di lavoratori che con lo stipendio svizzero hanno preso impegni, come un mutuo, a lungo termine».

© RIPRODUZIONE RISERVATA