Boom di giovani all’estero
«Bravi, ma poi tornate»

Como è quinta in Italia e seconda in Lombardia. Dagli imprenditori ai manager che lavorano oltre confine: il dibattito sul giornale

Como è quinta in Italia, seconda in Lombardia, per giovani trasferiti all’estero. Un arrivederci o un addio? O ancora, per vederla da un’altra ottica, una fuga o un’esportazioni di talenti?

Sono 680 i trasferimenti di residenza, in rapporto una media di 5,3 per 1000 persone. La batte solo Pavia in regione, la segue Varese. C’entra la vicinanza della Svizzera, ma non è l’unico fattore, tanto più considerando che dietro ha altre province di confine. Non sono mancate voci preoccupate, perché, ad esempio sugli operai specializzati, succede il contrario, ovvero la preparazione nelle aziende lariane e poi il trasferimento in Ticino, dove il vantaggio economico è superiore.

Antonio Pozzi. vice presidente di Unindustria, con delega a Education, Scuola e Formazione, da giovane all’estero c’è stato: proprio in Svizzera. «Tre anni di esperienza - ricorda - finita l’università. Poi sono tornato. Un investimento personale? Direi proprio di sì. A me piace fino a un certo punto l’espressione fuga di cervelli. Un conto se parliamo dei ricercatori e del problema dei fondi nelle nostre università. C’è chi vorrebbe restare qui a lavorare e non può farlo. Ma un altro discorso è l’esperienza all’estero per i giovani. Io dico: andate e preparatevi, ma poi tornate per cambiare le cose qui».

Anche i giovani artigiani si interrogano e vedono dietro questa scelta non solo il vantaggio economico, ma gli ostacoli. Come burocrazia e scarsa fiducia alle nuove leve.

Andare all’estero è importante anche per crearsi - rapidamente - formazione e contatti: «Sempre più importanti in un mondo globale» sottolinea il comasco Marzio Ghezzi, 42 anni, general manager di Flextronics, negli Usa.

OGGI UNA PAGINA DI DATI E COMMENTI SUL GIORNALE

© RIPRODUZIONE RISERVATA