Chiesa (Udc): «Troppi frontalieri e l’accordo fiscale non fermerà l’esodo»

Intervista a Marco Chiesa, consigliere agli Stati e presidente dell’Udc: «Lavoratori italiani necessari, ma il loro numero va contingentato»

Troppi frontalieri? Sì. E dubito che il nuovo accordo fiscale rallenterà in modo sensibile, come raccontato da più parti in queste settimane, l’esodo di lavoratori italiani verso il nostro Cantone».

Diretto ed al tempo stesso pacato come più volte riscontrato durante le interviste al nostro giornale, Marco Chiesa, consigliere agli Stati (la Camera “alta” del Parlamento svizzero) nonché presidente nazionale dell’Udc - il partito per antonomasia dai connotati anti-frontalieri più marcati - va dritto al nocciolo della questione.

Dunque anche da questa perentoria affermazione - “Troppi frontalieri” - parte la vostra nuova iniziativa popolare finalizzata ad arginare l’avanzata verso quota 10 milioni della popolazione svizzera. È così?

La questione della Svizzera da 10 milioni potenziali di abitanti porta con sé la questione dei frontalieri. Se vogliamo gestire la nostra immigrazione, occorre partire dal territorio e da dentro i confini svizzeri. Non lo dico io, ma l’articolo 121A della nostra Costituzione, che dà alla Svizzera un ruolo ben preciso dentro la gestione diretta dell’immigrazione, con dei contingenti e dei tetti massimi e non da ultimo con la preferenza indigena. Ecco perché i frontalieri sono parte attiva di questo dibattito.

Eppure per citare un manifesto di una forza politica italiana dopo il polverone sollevato da “Bala-i-Ratt” (campagna targata Udc, ndr) senza i frontalieri i sincronismi della Svizzera rischiano di incepparsi.

Abbiamo sempre avuto bisogno dei vostri lavoratori. Ciò non significa però avere come oggi nel nostro Cantone quasi 80 mila frontalieri.

Ciò significa convivere con problemi quotidiani legati alla tenuta delle infrastrutture, alla mobilità e con un mercato del lavoro che vede gli stipendi sempre più rivolti verso il basso.

Mi sembra peraltro che anche il vostro Governo con l’indennità di confine stia cercando di arginare questo esodo.

Dunque non è solo il pensiero politico dell’Udc, ma un tema che riguarda i due lati del confine.

Indennità che fa parte del “pacchetto di iniziative” contenuto nel nuovo accordo fiscale, che ha pensionato la granitica intesa del ’74. Da più parti si è detto che il doppio binario tra “vecchi” (salvaguardati in toto) e “nuovi” frontalieri renderà la Svizzera meno attrattiva. Qual è il suo giudizio su questo tema centrale dal 18 luglio - data d’entrata in vigore della nuova intesa - in poi nelle dinamiche legate ai frontalieri?

Mi sembra che la domanda contenga già in larga parte la risposta. Il nuovo accordo - utilizzando un gioco di aggettivi - tutela i vecchi frontalieri. Dunque che freno dovrebbe porre a numeri già di per sé da record? Non vedo neppure tutta questa negatività sullo status, anche a livello di stipendio, dei nuovi frontalieri. È vero che pagheranno più imposte, ma la paga mensile rimarrà più elevata a parità di professione rispetto all’Italia. Non credo che da un giorno all’altro cesseranno le assunzioni.

Sia l’Udc che la Lega dei Ticinesi da mesi chiedono di contingentare i permessi “G” (quelli maggiormente diffusi tra i frontalieri, ndr). Richiesta ancora valida alla luce dei contenuti del nuovo accordo fiscale?

Mi permetto di sottolineare che non è una richiesta di due forze politiche, ma è quanto il sistema svizzero ha espresso per 30 anni, prima che la libera circolazione portasse all’attuale situazione. Aggiungo anche un altro concetto, che in parte ho già espresso. Proprio sul vostro giornale ho letto di imprenditori comaschi che chiedono di porre un freno all’effetto “calamita” del Ticino e della Svizzera. Dunque non siamo solo noi a sostenere che la libera circolazione ha portato ad una distorsione del mercato del lavoro transfrontaliero. Aggiungo anche un altro concetto, con il conforto dei numeri.

Quale?

L’anno scorso sul territorio svizzero sono arrivate 180 mila persone, di cui 80 mila attraverso i meccanismi della libera circolazione, 70 mila sono cittadini ucraini e circa 30 mila sono richiedenti asilo, in larga parte entrati attraverso il confine “sud” che interessa da vicino anche il vostro territorio. Questo per dire che 180 mila persone in un anno rappresentano la metà esatta dei residenti in Canton Ticino, che evidentemente non reggere questi ritmi. I benifici, anche in termini economici, non pareggiano le sollecitazioni cui è sottoposta la nostra realtà a tutto tondo.

Da qui la nuova consultazione popolare, che da più parti è stata vista come un remake del referendum contro l’immigrazione di massa del 9 febbraio 2014 proposto con toni più moderati.

L’iniziativa chiede che la Svizzera non superi le 10 milioni di persone. Oggi siamo vicini ai 9 milioni. Cresciamo in popolazione 16 volte più di quello che cresce la Germania. In questa situazione il ceto medio è quello che soffre di più. Questi flussi vanno calmierati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA