Collezione green Yamamay
I disegni di Spadacini
riletti dagli studenti di Como

I costumi del brand, in una linea sostenibile, frutto del lavoro dei ragazzi di Accademia Galli Ied sull’Archivio del designer

Si chiama Edit (Eco Designed Innovative Textile) il progetto che unisce le forze creative e professionali dell’Accademia di Belle Arti Aldo Galli Ied di Como e Yamamay. Un progetto triennale che, coinvolgendo il dipartimento Fashion Style Design dell’Accademia, persegue l’obiettivo di sviluppare insieme agli studenti, programmi di ricerca innovativi con filo conduttore la sostenibilità e la riproposizione in chiave moderna dell’archivio dell’artista e designer comasco Beppe Spadacini.

L’oceano è il brief su cui Yamamay ha chiamato i ragazzi a lavorare, un input che ha comportato, oltre ad una interpretazione dell’oceano stesso e ad una rielaborazione delle stampe tradizionali di Spadacini, anche una riflessione sull’impatto ambientale dell’industria tessile ed una analisi dell’incidenza dei prodotti sostenibili.

L’anno scorso, in pieno lockdown, gli studenti hanno lavorato in modalità Dad e con la supervisione di due tutor, uno aziendale e uno dell’accademia; quest’anno, hanno potuto lavorare in presenza in laboratorio e visitare l’Archivio Spadacini, a Sant’Agostino, concentrando quindi la loro attività di studio sullo sviluppo delle grafiche, sul concetto di seta sostenibile e su quello di stampa sostenibile.

Le stampe realizzate sono poi state consegnate all’azienda, che ne ha selezionate due per la collezione Edit Ocean, la prima collezione di costumi Yamamay totalmente riciclata e riciclabile, realizzata con la plastica recuperata in mare e che da una settimana è in tutti gli store.

«Io credo nella trasversalità del lavoro e nell’inclusione dei giovani – commenta Barbara Cimmino, Csr Director di Yamamay - che siano giovani talenti o giovani da formare. In qualsiasi progetto di open innovation che facciamo in azienda, cerchiamo sempre di portare a bordo i giovani attraverso gli istituti tecnici, le università o scuole creative come il caso specifico dello Ied».

L’importanza di avere personale profilato è un argomento attualissimo. «Oggi c’è un mismatch tra le necessità dell’impresa di attrarre talenti e di trovare nuove figure professionali necessarie ad alcune attività, e cosa invece la scuola riesce a formare. L’impresa può quindi sensibilizzare gli istituti, coinvolgendo professori ed alunni in alcune attività».

Una filosofia che viene condivisa e confermata anche da Nicoletta Castellaneta, direttore dell’Accademia, soddisfatta del risultato raggiunto dai suoi studenti, che inseriti in un processo produttivo si sono di conseguenza formati a comprendere il linguaggio e le dinamiche aziendali: «La collaborazione è stata molto positiva, pur nascendo nel periodo difficile del lockdown, che ha impedito di lavorare su un prodotto fisico come il tessuto e di non poter andare a vedere la collezione o di fare prove concrete. È stata recepita in modo positivo dai ragazzi: li ha aiutati a crescere perché li ha messi di fronte alle esigenze di una azienda, a interloquire con figure professionali aziendali, a doversi porre delle domande in termini di necessità del momento o di esigenze che l’azienda poneva a loro, a confrontarsi anche con la critica che una azienda fa al lavoro in un’ottica costruttiva. E’ stato un progress di conoscenza, in cui sono stati molto reattivi. Hanno saputo tenere presenti i tempi di consegna, dimostrando senso di responsabilità, in un progetto che è un’occasione oltre che didattica anche di pratica del mondo del lavoro, e hanno dimostrato tenacia, specie quando sono state messe in discussione le loro proposte: sono riusciti a superare l’ostacolo e a riconsiderare le scelte che avevano fatto, il che è un fattore di completamento formativo e didattico».

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