Como con la Sicilia
Tessuti del fashion
dagli scarti degli agrumi

Dall’avvio alla collezione con Ferragamo, il percorso di Orange Fiber, partner di Taborelli. Filati pregiati dagli scarti dell’industria dei succhi di arancia

Dagli agrumi siciliani alla tessitura comasca. C’è un filo che lega la Sicilia a Como ed è quello creato da Orange Fiber, azienda nata nel 2014 che produce tessuti sostenibili da sottoprodotti dell’industria agrumicola.

Orange Fiber ha brevettato un processo per estrarre cellulosa dagli scarti delle arance dopo la spremitura e la trasformazione – si calcola che, in Italia, ogni anno si producano circa 700mila tonnellate di scarti di questo tipo che devono essere smaltiti – che, filata, dà vita a un tessuto utilizzato per creare capi di abbigliamento sostenibili.

Un processo che inizia in Sicilia, patria degli agrumi, passando poi per la Spagna, dove avviene la filatura, e finendo a Como, con la tessitura di un filato molto simile alla seta: «Quando siamo partite – spiega Enrica Arena, giovane catanese che con Adriana Santanocito ha fondato l’azienda – abbiamo cercato di capire quali fossero i luoghi più adatti per la lavorazione di un filato serico e il distretto di Como è risultato subito il più interessante. È nata così la collaborazione con la Tessitura Taborelli che ha creato il nostro primo prototipo di tessuto». La scelta di Como è nata dalla necessità di «avere una qualità della tessitura che fosse la migliore possibile», spiega Arena, con una collaborazione con il nostro territorio che continua a dare i suoi frutti.

Dopo i primi anni di presenza sul mercato – in totale Orange Fiber ha raccolto, ad oggi, circa 300mila euro tra fondi pubblici e privati –, con una scelta sostenibile che mette in relazione l’attenzione all’ambiente con la moda, Orange Fiber ha creato la sua prima collezione con la maison fiorentina Salvatore Ferragamo, presentata in occasione della Giornata della Terra 2017 e in vendita da aprile a settembre dell’anno scorso: «Il mondo della moda è molto curioso e interessato all’applicazione di questi materiali – spiega Arena –. Rimangono comunque alcuni limiti per l’introduzione delle innovazioni. Questo è dovuto soprattutto al fatto che, sia noi che altre realtà che stanno crescendo, non riusciamo ad essere veloci come vorrebbero i brand di moda rispettando i tempi dei fornitori classici che sono strutturati e organizzati».

L’incontro tra moda e sostenibilità deve passare, per Arena, dalla «creazione di sinergie tra produttori attuali e chi fa innovazione», una sinergia sulla quale «c’è ancora possibilità di intervento e margine per rendere più facile la vita delle startup, dando la possibilità di utilizzare macchinari e supporto finanziario e di competenze, in una sinergia che vada oltre il semplice rapporto cliente fornitore».

Tra le varianti di tessuto, Orange Fiber – che negli anni ha attuato strategie di partnership anche al di fuori dell’Italia, con la partecipazione a programmi di accelerazione e premi internazionali, tra cui il Global Change Award della H&M Foundation vinto dall’azienda – ha prodotto, ad oggi, un raso e un popeline (ottenuti tessendo il filato con seta comasca e cotone) e un twill, 100% di filato Orange Fiber, simile alla viscosa. La sfida che l’azienda lancia ora al territorio italiano è quella di «credere e investire nell’innovazione – precisa Arena –. Questo è un punto fondamentale per noi, per poter essere produttive e soddisfare le richieste». Su tutte, la voce di spesa maggiore sono gli investimenti in tecnologia, che Arena spiega, «sono quelli che ci permettono di produrre. Il mercato tessile è ben consolidato, ma noi attuiamo, all’interno di questo mercato, un processo mai utilizzato prima».

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