Contagi Covid al lavoro
A Como 2.694 denunce

Il 71% dei casi nella sanità e nell’ assistenza con le donne tre volte più numerose degli uomini- Nella nostra provincia 4 morti, 181 in Lombardia

Da inizio pandemia al 31 maggio 2021, i contagi di Covid-19 avvenuti sul lavoro sono stati 175.323, quasi un quarto del totale delle denunce di infortunio dell’ultimo anno e mezzo.

Si tratta del 4,2% del totale dei contagi nazionali registrati dall’Istituto Superiore di Sanità dall’inizio dell’emergenza Coronavirus.

È quanto emerge dal 17esimo report nazionale sui contagi sul lavoro da Covid-19, elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail.

Il nuovo report conferma che la «seconda ondata» di contagi, che in ambito lavorativo può essere circoscritta al periodo ottobre 2020-gennaio 2021, con il 59,6% delle infezioni denunciate ha avuto un impatto più intenso rispetto alla «prima ondata» del periodo marzo-maggio 2020 (29,0%).

Il confronto

La «prima ondata» della pandemia ha avuto invece un impatto maggiore della seconda per i decessi: il 55,0% dei casi mortali, infatti, è stato denunciato all’Inail nel trimestre marzo-maggio 2020 (il 30,2% nel solo mese di aprile) contro il 29,6% del trimestre novembre 2020-gennaio 2021, percentuale che sale al 41,5% se si considera il periodo novembre 2020-maggio 2021. Le morti da Covid-19 segnalate all’Istituto alla fine dello scorso mese sono 639, circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro segnalati all’Istituto dal gennaio 2020.

L’analisi territoriale, approfondita anche attraverso le schede regionali, evidenzia una distribuzione delle denunce del 43,2% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 25,6%), del 24,5% nel Nord-Est (Veneto 10,6%), del 15,1% al Centro (Lazio 6,5%), del 12,6% al Sud (Campania 5,7%) e del 4,6% nelle Isole (Sicilia 3,1%).

Quattro i morti in provincia di Como con 2694 denunce di infortunio sul lavoro da Covid, in netta prevalenza le donne (2.017) rispetto agli uomini (677) mentre la classe di età più interessata dai contagi è stata quella compresa tra i 50 e i 64 anni con 1.097 casi.

I settori

Il settore più coinvolto è stato quello della sanità e dell’assistenza sociale con il 71,6% delle denunce, il 71,6% delle denunce con le professionalità più colpite tra infermieri,medici, operatori socio sanitari e operatori socio assistenziali. Poi le attività manifatturiere con il 7,3%.

Il settore “Noleggio e servizi alle imprese” ha registrato il 4,7% delle denunce codificate, con la metà proveniente dall’attività di “Ricerca, selezione, fornitura di personale” con anche lavoratori interinali “prestati” a svariate attività e professionalità; tra i più colpiti operatori sanitari, addetti alle pulizie e impiegati.

Più nello specifico, nel campo delle professioni si osserva che tra i tecnici della salute il 77,9% sono infermieri, il 5,5% fisioterapisti e il 4,1% assistenti sanitari; tra le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, il 98,6% sono operatori socio sanitari; tra le professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati, l’88,5% sono operatori socioassistenziali.

Tra i medici, la metà è rappresentata da generici, internisti, cardiologi, anestesisti-rianimatori,chirurghi e radiologi; tra il personale non qualificato nei servizi di istruzione e sanitari, il 54,8% sono ausiliariospedalieri, il 35% ausiliari sanitari-portantini e il 5,9% inservienti in case di riposo. E ancora, tra gli impiegati, oltre l’80% è rappresentato da amministrativi mentre il 15% è composto da addetti alle segreterie.

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