Frontalieri, in mille
hanno perso il posto

La stima del sindacato Ocst sulle ricadute del Covid a cui si aggiungono i 2-3mila stagionali in meno. «Fase chiave tra settembre e gennaio quando finirà il sostegno pubblico, rischio di altri tagli occupazionali»

«Sono un migliaio i lavoratori frontalieri che hanno perso il posto a causa dell’emergenza Covid-19. Vi è poi un altro importante fronte che riguarda gli stagionali che lavorano nei ristoranti o negli alberghi. Ad oggi sono tra i 2 ed i 3 mila quelli fermi perché, come accaduto anche da voi, alberghi e attività sono per gran parte ripartiti a ranghi ridotti o in taluni casi hanno preferito sin qui non riaprire». È Andrea Puglia, responsabile del sindacato ticinese Ocst, a dare un primo importante quadro della situazione sui nostri lavoratori impiegati in Canton Ticino, in attesa dei dati relativi al secondo (atteso) trimestre dell’anno in corso che il solerte Ufficio federale di statistica fornirà nei primi giorni d’agosto.

Gli ultimi dati

Al 30 marzo i frontalieri impiegati nel Cantone di confine erano 67878 in leggero calo rispetto a fine 2019. Il prossimo report sarà di fondamentale importanza per capire quanto la pandemia abbia inciso sull’occupazione lungo la linea di confine. Il tema degli stagionali è di stretta attualità, in virtù del fatto che «ad oggi non stanno percependo alcuno stipendio e non possono presentare domanda di disoccupazione». C’è poi un altro importante fattore d’interesse, su cui sarà bene - soprattutto nella seconda parte dell’anno - tenere alti i riflettori. Già perché il Canton Ticino ha beneficiato di ben 1 miliardo e 200 milioni di franchi erogati da Berna e destinati ad affrontare i mesi caldi della pandemia, attraverso la formula (nella stragrande maggioranza dei casi) del finanziamento da 500 mila franchi.

Anche al di là del confine, l’attenzione generale è focalizzata sul post estate. «Tra settembre e gennaio si capiranno le conseguenze del dopo fondi governativi. Lì si avrà l’esatto quadro della situazione sulle aziende che avranno la forza di camminare da sole e su quelle che si troveranno inevitabilmente in forte difficoltà, visto anche che l’export - uno dei punti di forza della Svizzera - è praticamente fermo - sottolinea ancora Andrea Puglia -. Al momento è difficile fare previsioni. Se dovesse proseguire il segno “meno” con queste proporzioni, potrebbero prefigurarsi altri licenziamenti».

Situazioni diverse

Dalla Svizzera e dal Canton Ticino arrivano segnali contrastanti sull’occupazione, che inevitabilmente coinvolgono da vicino anche i lavoratori frontalieri.

Il gruppo Swatch, ad esempio. ha fatto sapere che «non ci saranno licenziamenti, anche in tempi di crisi». «Le capacità di produzione, limitate al massimo al culmine della pandemia, dovrebbero gradualmente tornare al loro livello abituale durante il terzo e il quarto trimestre», ha spiegato un portavoce del gruppo. Un segnale positivo, una buona notizia per i tanti nostri lavoratori impiegati nelle aziende che fanno riferimento al gruppo, il cui cuore pulsante sta a Bienne. Non così invece il gruppo Schindler (leader negli ascensori e nelle scale mobili, che in Ticino occupa un buon numero di frontalieri), il quale dal quartier generale di Lucerna ha fatto sapere che «l’impatto negativo del Covid-19 avrà pesanti conseguenze sull’organico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA