Frontalieri, intesa contestata
«E ritirate il vostro tesoretto»

Oggi pomeriggio incontro tra i consiglieri regionali Fermi e Marsico. Che chiedono al Governo di rivedere l’intesa con la Svizzera e intanto riportano l’attenzione sui 2,8 miliardi di euro, il “secondo pilastro” che chiama anche i comaschi

Il nuovo accordo fra Italia e Svizzera contestato dai consiglieri regionali di Forza Italia. Questo pomeriggio, a Palazzo Pirelli, fra il sottosegretario ai rapporti istituzionali e relazioni internazionali, il comasco Alessandro Fermi e il consigliere regionale varesino di Forza Italia Luca Marsico: sul tavolo la nuova intesa sulla tassazione dei frontalieri sulla quale si è raggiunta l’intesa tecnica definitiva fra Confederazione Svizzera ed Italia. Ora la parola passa ai ministri con la firma e poi ai Parlamenti.

«Siamo di fronte ad un accordo che non ci soddisfa affatto - sottolineano Fermi e Marsico - che andrà a penalizzare sia i lavoratori di frontiera, circa 60 mila fra cui 25 mila comaschi e altrettanti varesini, sottoposti ad un vero salasso così come i comuni di frontiera che potrebbero vedere azzerati i ristorni con, a cascata, gravi conseguenze per garantire i servizi essenziali per la collettività».

Di qui l’appello a Roma: «Per questa ragione auspichiamo vivamente una profonda rivisitazione dell’intesa tecnica raggiunta facendo appello al governo Renzi affinché riveda profondamente quanto concordato. Al momento, infatti se questo fosse il testo definitivo che dovesse essere sottoscritto gli unici penalizzati dalla nuova intesa sarebbero proprio sia i lavoratori che i nostri territori di confine e questo non possiamo accettarlo».

Appello anche sui 2,8 miliardi di euro che giacciono in Svizzera. «Invitiamo tutti i cittadini lombardi che hanno prestato lavoro in Svizzera negli anni passati e i parenti di quei lavoratori che sono deceduti prima del pensionamento - concludono Fermi e Marsico - a ritirare il secondo pilastro, che spetta di diritto in base a quanto versato al Governo elvetico negli anni di lavoro e, in caso di dubbio, a rivolgersi tempestivamente alle organizzazioni sindacali. Sarebbe una beffa se questo tesoretto restasse in Svizzera e per molti nostri concittadini potrebbe rappresentare una inaspettata boccata di ossigeno».

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