Il brand della Pantera
Così Como batte
la grande griffe

L’imprenditore tessile Pier Carlo Ricci ha vinto il contenzioso con il Gruppo Richemont

La pantera terrorizza ma non uccide il topo ben armato: potrebbe essere l’inizio di una favola che nella realtà vede protagonisti Richemont, grande gruppo della moda e del lusso, e un team comasco capitanato dall’imprenditore tessile Pier Carlo Ricci (assistitodall’avvocato PierpaoloLivio).

Dopo tre anni di battaglie legali, Ricci ha vinto la causa intentata da Cartier, maison che fa capo a Richemont, che gli contestava l’uso del marchio Pantero Pantera troppo simile nella raffigurazione grafica alla Panthère, simbolo di vari prodotti-icona della griffe francese.

«Tutto nasce nel 2015 quando con un gruppo di professionisti specializzati in produzioni semi-artigianali, è nata l’idea di realizzare una linea di abbigliamento e accessori con un nome che si rifacesse a un comasco passato alla storia non solo per imprese epiche, ma anche per cultura e stile. La scelta è caduta su Pantero Pantera, “capitano di ventura”, abituato a navigare il mare della vita con grande coraggio e grande passione, senza mai rinunciare all’allure da gentiluomo».

Per il logo da applicare sui capi (camicie, polo, T-shirt, cravatte e cinture) viene scelta una testa di pantera stilizzata, ispirata ai tatuaggi con cui tipicamente gli uomini di mare si decorano le braccia. «Partiamo con un obiettivo molto ambizioso - spiega Ricci - quello di conquistare un target di persone, indicativamente tra i 25 e i 60 anni, con una forte personalità ed un certo gusto nel vestire. E ci diamo da fare per cercare distributori, agenti e clienti sia in Italia che sui principali mercati internazionali”.

A distanza di due anni dal lancio della linea ormai presente in alcune boutiques, come una doccia fredda arriva lo stop di Cartier. Il 15 febbraio del 2017 il Gruppo Richemont intenta una causa contro l’imprenditore lariano per l’utilizzo del marchio Pantero Pantera, sostenendo che il logo è troppo simile al marchio Panthere, di proprietà di Cartier, e quindi di Richemont, a cui il brand fa capo.

A questo punto, non avendo più certezza di poter utilizzare il simbolo, sul quale era stata impostata ogni forma di comunicazione, gli investitori mettono in stand by l’intero progetto così come i venditori che rifiutano la merce. Dopo una procedura legale, davanti al Ministero, durata tre anni, nel 2020 si conclude in primo grado con parere favorevole da parte dei periti del Ministero, che confermano la legittimità dell’utilizzo del marchio con riferimento alla classe 25, che comprende la quasi totalità della produzione relativa all’abbigliamento. La sentenza impedisce solo l’utilizzo per i gioielli, per i profumi e per una parte dei prodotti in cuoio. E notizia di questi giorni. «Cartier contrariamente ad ogni aspettativa rinuncia al ricorso e sigla un accordo con cui si impegna a non procedere con alcuna richiesta futura di contestazione sul marchio Pantero Pantera» evidenzia Ricci. n Serena Brivio

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