Il fashion via dal Ticino
L’ex Gucci torna in Italia

L’annuncio di Luxury Goods International. Per i 150 lavoratori trasferimento a Milano o Novara

Ticino addio. Non c’è dunque solo un Cantone che attira frontalieri e imprese, ma ce n’è anche uno - o almeno una parte di esso - che delocalizza verso l’Italia. Strano o meglio insolito, ma vero. E così nelle ultime ore il gruppo Kering ha annunciato che 150 dipendenti - l’80% dei quali frontalieri - della sua piattaforma logistica Luxury Goods International (ex Gucci) ubicata in Ticino saranno trasferiti nelle sedi di Milano, Novara e Firenze. Un trasferimento a condizioni salariali uguali in tutto e per tutto alle attuali. La società era arrivata nel Cantone di confine nel lontano 1996 come Centro di distribuzione del Gruppo Gucci.

Dal ’99 ha poi preso le mosse il polo logistico del gruppo Kering che comprende diversi marchi dell’alta moda. Sull’asse Cadempino, Sant’Antonino, Bioggio è stata così creata una “fashion valley” che genera un indotto stimabile in un miliardo di franchi. Un valore aggiunto importante dunque per il Ticino, ma più in generale per l’economia di confine. «La transizione sarà effettuata in modo socialmente responsabile e nessuna riduzione del personale è prevista - sottolinea l’azienda in lunga nota diffusa nel tardo pomeriggio di lunedì -. Il Gruppo continua a impiegare oltre 800 persone in Ticino».

Precisazione questa che non è bastata a placare gli animi delle organizzazioni sindacali, in primis il sindacato Unia. «Luxury Goods rappresenta quell’imprenditoria che non porta nessun valore aggiunto al territorio - incalza Sergio Aureli, responsabile frontalieri del sindacato svizzero Unia -. Anzi, sfrutta quelli che sono i finanziamenti e le opportunità di stabilizzarsi sul territorio in termini di agevolazioni fiscali. Poi una volta terminata l’opportunità di guadagno, lascia il Canton Ticino - in questo caso Cadempino - e se ne va».

Di certo, si tratta di una procedura sui generis, considerato che non stiamo parlando di un’azienda che chiude definitivamente i battenti, ma entro la prima metà del 2019 sposta il baricentro (o almeno parte di esso) da un lato all’altro del confine. «Un tipo di imprenditoria con cui diventa impossibile dialogare - aggiunge Aureli -. Ma c’è anche un altro fattore: il rispetto pari a zero dei lavoratori. Ci stiamo battendo e ci batteremo affinché questo tipo di industriali non trovi terreno fertile in Ticino e in Svizzera. Dietro ogni lavoratore c’è una famiglia. Non riconoscere questo significa non rispettare la dignità dei lavoratori».

Nella nota diffusa giovedì, il gruppo Kering precisa che «ogni cambiamento organizzativo è affrontato in maniera etica e professionale. Luxury Goods International si concentrerà principalmente sulle attività logistico-distributive». Ed è in virtù di questa nuova strategia che è stato deciso di trasferire parte dei dipendenti nelle sedi italiane.

Inevitabilmente l’annuncio del gruppo Kering ha dato il là anche al dibattito politico oltreconfine. Il Partito Socialista - a poche mesi dalle elezioni federali e cantonali - ha colto la palla al balzo per chiedere «un ragionamento generale sul futuro economico del Cantone e in particolare sul settore dell’alta moda. Inchieste hanno dimostrato come a monte ci sia un sistema opaco che permette di fatturare nel nostro Cantone per delle attività commerciali che avvengono all’estero. Una situazione che deve essere affrontata una volta per tutte con la dovuta serietà».

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