Infortuni sul lavoro a Como, la piaga non si arresta. Nel 2022 sono già 3.433

Il tema Assemblea dei sindacati allo Spazio Gloria di Como. I numeri provinciali confermano un aumento del 5,6%. «La sicurezza? Ha un costo e le aziende non investono»

Sono aumentati gli infortuni sul lavoro in provincia da inizio dell’anno: nel periodo gennaio-agosto 2021 l’Inail ne ha registrati 3.250, mentre nei primi otto mesi del 2022 sono stati 3.433, +5,6%, di cui otto mortali. Sono i numeri presentati ieri all’assemblea territoriale dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, organizzata al cinema Gloria dalle segreterie territoriali di Cgil, Cisl e Uil con l’intento di affrontare la tematica nel suo insieme per individuare strategie e azioni che possano evitare nuovi infortuni e decessi.

Costi e investimenti

«Degli infortuni sul lavoro dobbiamo occuparci tutti e con serietà - ha detto Giuseppe Incorvaia, segretario della Uil del Lario - Oggi insieme a tanta passione da parte di chi se ne occupa, è emerso che chi è adibito ai controlli è sotto organico, inoltre c’è una parte dell’imprenditoria che si disinteressa al tema perché la sicurezza è anche un costo. Oggi molte aziende hanno pochi dipendenti e alcune assumono a tempo determinato: non hanno interesse a spendere per formarli». Eppure oltre alle morti sul lavoro, che restano il caso più eclatante, si verificano ogni anno decine di infortuni invalidanti che cambiano la vita.

La ricetta potenzialmente più efficace per affrontare il tema, secondo Marco Contessa, segretario della Cisl dei Laghi, è fatta di formazione, investimenti e controlli: «Il tema della sicurezza è fondamentale - afferma - e non può essere affrontato solo il giorno dopo una morte sul lavoro. Serve un patto per la sicurezza tra tutti gli attori coinvolti». Non è sufficiente una formazione standardizzata e interpretata come un adempimento obbligatorio. «La formazione ha tre facce - spiega - i lavoratori, i datori di lavoro e la scuola. Almeno alle scuole superiori la sicurezza dovrebbe diventare materia di studio». Fondamentali inoltre gli investimenti, con misure nazionali per aiutare le imprese a formare, prevenire, ammodernare, anche attraverso incentivi per le realtà che risultassero virtuose sul fronte della sicurezza dei lavoratori. Infine, i controlli: «Nelle aziende si sa che i controlli sono pochi e il rischio che capiti è basso. Se i controlli scarseggiano si tende a preoccuparsi poco di rispettare le regole e si scommette sulla non punibilità».

L’importanza del dialogo

«Le imprese devono capire che le spese in sicurezza sono un investimento», osserva Umberto Colombo, segretario provinciale della Cgil. Fondamentale a questo proposito è il dialogo con i datori di lavoro con cui è possibile costruire una più efficace e sicura organizzazione aziendale. I “comitati covid” costituiti durante la pandemia si sono rivelati un sistema efficace: «Sono stati costituiti grazie ai responsabili della sicurezza sul lavoro dei sindacati e sono stati un’occasione di confronto importante tra le rappresentanze sindacali e le aziende. Questa esperienza deve continuare, estendendosi all’organizzazione del lavoro e alla sicurezza. I rappresentanti sindacali sono costantemente impegnati sul fronte della sicurezza, sono eletti dai colleghi di lavoro e li rappresentano, ma è essenziale la partecipazione dei datori di lavoro». Oltre alla rilevanza della formazione dei lavoratori, che deve essere specifica sul rischio per un determinato impiego, Colombo ha ricordato i rischi legati alla catena dei subappalti dove non sempre arrivano i controlli.

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