Intelligenza artificiale, le imprese e la nuova ChatGPT. «È soltanto matematica
Non ci deve spaventare»

L’esperto Luca Ferrario, fondatore di DkR, software house con base a ComoNext. «Applicazione nelle aziende? Sì, circoscrivendo il contesto e integrandola ai sistemi»

ChatGPT tra potenzialità, sfide e timori forse infondati, le aziende che si occupano di innovazione ci stanno già lavorando sopra.

Contestualizziamo la situazione per capire di cosa stiamo parlando. L’intelligenza artificiale sviluppa algoritmi e modelli per consentire ai computer di processare e analizzare enormi quantità di dati al fine di prendere decisioni basate sulle informazioni costruite, come il machine learning: l’addestramento delle macchine per eseguire un singolo task preciso, per esempio analizzare in una linea di produzione quali sono le arance difettate. «Gli ambiti di ricerca comprendono anche il natural language processing che studia l’interazione tra computer ed esseri umani usando il linguaggio naturale» spiega Luca Ferrario amministratore e fondatore DkR Srl, software house incubata a ComoNext.

«ChatGPT è la forma più evoluta disponibile attualmente nel campo del natural language processing. Analizza dati in forma testuale per generare altri testi. Ha imparato assorbendo informazioni dalla più grande banca dati costruita fino ad oggi per addestrare un’intelligenza artificiale, questo è stato il vero sforzo fatto da OpenAI, più della realizzazione dell’algoritmo in sè».

Crea testi grammaticalmente corretti e semanticamente significativi, come funziona? «Non è una magia che a un certo punto diventa senziente e ci conquisterà tutti. È un modello, un algoritmo che è riuscito a condensare le regole del linguaggio naturale imparando schemi. Quando gli viene posta una domanda piano piano risponde, una parola per volta, non è un effetto grafico, è realmente una rete neurale, compone un vocabolo alla volta perché ogni volta si concentra sul predire la parola successiva della frase basandosi sul contesto delle parole precedenti. Ricordiamo che è un algoritmo, è matematica, quando deve generare un vocabolo, crea una distribuzione di probabilità rispetto a tutte le parole del suo vocabolario, gli assegna un peso. Se per esempio le ultime due parole sono “un gatto”, qual è la probabilità che la terza sia “nero”? Alta? Allora scrive “un gatto nero”. Per quanto sia stupefacente è comunque un algoritmo non ha consapevolezza».

La conoscenza di ChatGPT è stata allenata con una base di dati che si ferma al 2021, alcuni eventi successivi non li conosce o quanto meno all’inizio non li conosceva, ma con tutte le interazioni che ha avuto, li ha imparati: «È uscita a novembre ed è stata utilizzata da più di 100milioni di utenti, un enorme test pubblico che permetterà a OpenAI di perfezionarla per essere poi usata a scopi commerciali».

Uno strumento dalle potenzialità infinite, i chatbot attuali, le chat che troviamo oggi sui siti e che rispondono alle nostre domande, sono spesso deludenti: «Stiamo costruendo chatbot usando la tecnologia di ChatGPT restringendone il contesto. Se per esempio ti trovi sul sito di una tessitura e chiedi informazioni sui filati, ChatGPT ti darà sicuramente riposte corrette e affidabili perché ha immagazzinato una quantità enorme di testi che hanno a che fare con la tessitura. Il pericolo è che chiedendole “qual è il miglior filato che conosci?” lei potrebbe suggerire il nome di un competitor perché era presente nelle banche dati».

La sfida negli utilizzi di ChatGPT è proprio qui: «Bisogna saper circoscrivere il contesto e fornire una serie di regole che le dicono che le risposte devono essere prese solo in un certo sottoinsieme, deve essere aggiornata e poi deve interfacciarsi con i sistemi informativi dell’azienda che le consentono di controllare disponibilità e inviare per esempio link per l’acquisto».

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