La sfida dei ristoranti di Como: «Modello di business da ripensare: i conti non tornano»

Andrea Provenzano, titolare del Lario’s Bistrot, locale di cucina italo spagnola in via del Doss a Como e l’evoluzione del settore: dall’aumento dei costi al personale che non si trova

È da ripensare il modello stesso della ristorazione, stretta nel difficile equilibrio tra costi raddoppiati e prezzi alla clientela sempre più alti e meno sostenibili. Ma anche per accogliere le esigenze di qualità della vita di chi nei ristoranti e nei bar ci lavora. Lo sostengono diverse imprese ed è anche l’idea di Andrea Provenzano, titolare di Lario’s Bistrot, alle porte di Como.

Caro menù a Como: l’aumento dei costi di gestione giustifica gli attuali prezzi al consumo?

Sono aumentate le materie prime e i costi energetici, anche se si stanno calmierando, sono comunque raddoppiati rispetto a un anno e mezzo fa, infine sappiamo che per trattenere il personale esperto è necessario offrire buone condizioni di retribuzione e di lavoro. Tutto questo comporta la necessità di alzare il listino prezzi. In una città turistica come Como questi aumenti possono venire assorbiti dalla clientela straniera, ma bisogna pensare anche ai comaschi. Il rischio, e il nostro timore, è che una cena al ristorante finisca per essere un lusso di pochi e non più una abitudine per tutti.

Qual è la proporzione per una realtà come la vostra tra turisti e clienti italiani?

Abbiamo l’80% di clienti italiani e il 20% di stranieri. La differenza non è solo per la capacità di spesa ma per l’attitudine. Sappiamo per l’esperienza del nostro locale in Spagna, a Formentera, che quando si è in vacanza si ha una propensione diversa agli acquisti, l’atteggiamento è del tutto differente. L’attenzione dovrebbe però essere rivolta anche alla clientela abituale, italiana, perché la consuetudine a cenare fuori rimanga. Non si tratta solo di buona cucina ma anche di una abitudine alla convivialità che fa parte della nostra cultura.

Questo cosa significa per noi, a Como, e per la cucina italiana?

Como negli ultimi anni è cresciuta molto. Dall’estero vengono in città anche perché qui si trova una vastissima scelta di buoni ristoranti e bar. L’offerta è sempre più alta. Ma anche i clienti sono sempre più esigenti e lo sforzo dei ristoratori è di essere sempre alla ricerca di prodotti e di materie prime di altissima qualità per proporre nuove esperienze sia per la cucina che per il bar.

Questa continua ricerca è sostenibile in termini economici?

Il problema dell’aumento dei costi delle materie prime e delle difficoltà a reperire il personale è un tema che sta affrontando tutta l’Italia. L’alta ristorazione ne risente in maniera ancora più acuta perché ogni tavolo deve avere un cameriere dedicato e di grande esperienza e professionalità.

Si presume, come già accade, che vengano aumentati i listini prezzi?

Sì, ma il progetto attuale non è praticabile perché i prezzi si possono alzare solo fino a un certo punto. Se addirittura quello che è stato riconosciuto come il miglior ristorante del mondo non riesce a sostenere il business significa che il modello attuale è da rivedere. Il Noma di Copenaghen chiuderà infatti nel 2024 proprio per i costi altissimi. Troppo difficile tenere gli standard qualititativi richiesti per le aspettative che si ripongono in un ristorante di quel livello. Si tratta di un modello del tutto particolare che probabilmente andrà a sparire. Forse proporranno un Noma 3.0, puntando sull’e-commerce e sembra che la cucina si stia posizionando verso queste tendenze.

Dovremmo preoccuparci noi, qui, in Italia, se in Danimarca si scalderanno nel microonde piatti di alta cucina?

Sì, perché i grandi nomi spesso precorrono delle tendenze che poi a cascata, con il tempo e con le dovute differenze, raggiungono tutto il settore. La cucina quindi coglie in questo annuncio di chiusura il segnale di una tendenza e di una crisi. La preoccupazione, dal nostro punto di vista di ristoratori in Italia, è che con una crescita dell’e-commerce non si perde solo un buon cibo, perché riscaldare in casa non è proprio la stessa cosa, ma si perde quello specifico che è la convivialità della tavola.

Qual è allora l’idea di ristorazione che potrebbe evolversi in futuro?

Una nuova idea di impresa che accoglie i desideri di chi ci lavora. Perché un tema importante che ha un alto impatto sui costi di gestione è la capacità di attrarre personale. Sono pochi i giovani che vedono un loro futuro in questo settore ed è tale il bisogno di camerieri che ormai gli stipendi sono importanti, ma conta moltissimo anche la qualità della vita. Il fattore tempo, dopo il lockdown, è una priorità. La disponibilità per il servizio sia a pranzo che a cena è davvero impegnativa, per questo cerchiamo di riorganizzare i turni su sei oppure otto ore.

Inoltre, pur avendo richieste, non siamo aperti durante le festività e lo facciamo da sette anni. Riteniamo sia giusto che le persone possano trascorrerle in famiglia, sono momenti che nessuno poi ti restituisce. Ma sono anche scelte che comportano dei costi economici. L’obiettivo è riuscire a mantenere una sostenibilità tra costi in crescita, gestione del personale e alta qualità dei prodotti e del servizio.

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