«La sfida For Textile: il tessile di Como fa sistema sulla sostenibilità»

L’imprenditore Andrea Taborelli è il nuovo presidente del marchio. «L’obiettivo di fondo è migliorare la tracciabilità della filiera tessile»

Nuovo presidente del marchio For Textile è Andrea Taborelli, ad Tessitura Serica A.M. Taborelli, già presidente del Gruppo Filiera Tessile Confindustria Como. Succede al presidente uscente Roberto Cozzi che ha supportato l’avvio della rendicontazione Esg For Textile. Ora spetta ad Andrea Taborelli proseguire sul percorso tracciato.

Quali sono i prossimi impegni nel nuovo ruolo?

Il percorso intrapreso dalle aziende tessili verso la sostenibilità è partito più di vent’anni fa grazie al marchio Seri.co e ha consentito alle aziende di cambiare il proprio modus operandi nell’ottica di un miglioramento continuo. Di recente è stata modificata la denominazione del marchio da “Seri.co” a “For Textile”.

Negli ultimi anni il Comitato ha lavorato per offrire l’opportunità alle imprese del team di misurarsi con un completo sistema di indicatori di sostenibilità Esg, che sta per environmental, social e governance.

In particolare la scheda 28 che stiamo mettendo a punto permette di valutare il livello di preparazione in Esg delle imprese tessili legate al marchio e di capire dove un’azienda può migliorarsi. L’obiettivo è valorizzare la tracciabilità della filiera, da sempre una battaglia importante alla quale ora concorrono nuove tecnologie come la blockchain.

For Textile può costituire la base per “fare sistema” nel distretto?

Sì, il confronto tra aziende può portare a una migliore valutazione di ogni singolo segmento della filiera e quindi a un innalzamento complessivo del livello, già di eccellenza mondiale, del sistema.

La trasparenza e la completezza delle informazioni sul proprio stato di produzione consente di aiutare le aziende che magari si trovano un po’ più indietro rispetto al percorso di sostenibilità. Nel rispetto della riservatezza dei dati, il marchio For Textile può essere di concreto supporto perché, vedendo dove le aziende ottengono un risultato migliore, può concorrere a portare chi è rimasto indietro allo stesso livello e consente a tutti di mantenere un’eccellenza di insieme e di non interrompere la filiera.

Con il tessile in fase di ripresa è ancora importante, da un punto di vista commerciale, un impegno per la sostenibilità?

Assolutamente sì, è il momento di consolidare un percorso. È vero che c’è una forte ripresa ma è una ripresa generalizzata ed è più marcata in altri paesi come per esempio la Turchia che sta attraversano un boom per il tessile abbigliamento.

Di recente nuove normative e i propositi della Commissione europea chiedono di essere più trasparenti e di dare indicazioni di origine circa i passaggi sostanziali.

La strada è tracciata ma si sta arrivando al paradosso di una richiesta di informazioni con un dettaglio tale che nessuno poi andrà a leggere perché dare troppe informazioni ridondanti equivale a non darne.

L’obiettivo è costruire una piattaforma con i dati essenziali e sostanziali corretti, chiari, trasparenti e comprensibili.

Dal punto di vista commerciale è adesso ancora più importante comunicare con trasparenza la tracciabilità ai nostri prodotti perché il consumatore finale possa fare scelte consapevoli.

Proprio ora che gli acquisti stanno riprendendo, se garantiamo un alto livello di sostenibilità, ci rendiamo differenti da altri competitor portandoci a un livello più alto di qualità ma anche di responsabilità sociale.

A fronte di questo alto obiettivo per la produzione tessile comasca, il resto del mondo come si pone?

In Italia abbiamo ancora la filiera intatta dalla torcitura al tessuto e alla confezione. Il filato, il primo step, ci manca. Non possiamo recuperare tutto e sarebbe irrealistico pensare di farlo, però iniziamo a dare le informazioni al consumatore circa il nostro prodotto e la serie di passaggi che danno maggiori garanzie in termini di sostenibilità.

Attraverso un acquisto che è anche una corrispondenza di valori tra produttori e consumatori si può innescare un cambiamento che lentamente si diffonde in tutti i segmenti della filiera e risale a monte del processo produttivo, fino agli anelli più deboli.

Non si pretende di avere un prodotto 100% made in Italy, ma più sono i passaggi in Italia e a Como, più è allineata la filiera anche all’estero, tanto più possiamo garantire al cliente finale che il nostro prodotto è diverso dagli altri. M. Gis.

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