La Zes per le regioni del Sud. Ma nei territori di confini il personale fugge in Svizzera e le imprese sono a rischio

Intervista all’imprenditore Mario Pittorelli, presidente di Bianchi Group: «Pochi lavoratori: si formano qui e vengono presi dalle aziende elvetiche»

l lavoro è la prima preoccupazione delle aziende al confine con la Svizzera, afflitte da una cronica emorragia di personale. Regione Lombardia, per arginare la fuga di manodopera dalle nostre province, ha sostenuto nel passato l’istituzione di una Zona economica speciale, ora rilanciata dal governo, con il consenso europeo, per le regioni del Mezzogiorno. La fuga oltre confine di manodopera qualificata resta l’emergenza numero uno anche per Mario Pittorelli, presidente di Bianchi Group.

Qual è il gap tra la provincia di Como e il Canton Ticino che limita la competitività delle nostre imprese?

Le nostre aziende hanno il grosso problema della disparità salariale con quelle svizzere, dovuto all’enorme differenza degli oneri sociali che sono costrette a pagare. Ma in generale stiamo mettendo a confronto due territori con situazioni completamente diverse. In Svizzera abbiamo un’inflazione contenuta, una bassa disoccupazione e una moneta forte, l’esatto contrario del nostro attuale contesto economico. È anche vero che la vicinanza della Svizzera favorisce il tessuto commerciale delle imprese lombarde, in particolare quelle situate nelle provincie di confine.

Con quali conseguenze?

Da una parte la vicinanza con la Svizzera costituisce una grande opportunità commerciale, dall’altra è gioco facile per le aziende elvetiche assumere manodopera formata in Italia, spesso in modo eccellente, causando una situazione di carenza di personale qualificato a tutti i livelli. La situazione diventa drammatica nel campo della sanità, dove si verifica una gravissima carenza di personale sanitario che si trasferisce a lavorare in Svizzera.

Si è già provveduto a rendere meno interessante il lavoro in Svizzera introducendo una tassa sul lavoro solo per i frontalieri, non è sufficiente a parificare le opportunità tra posizione svizzere e italiane?

L’introduzione dal 2024 della doppia tassazione, valida unicamente per i nuovi frontalieri, arginerà limitatamente l’uscita del personale dalle aziende italiane, ma non fermerà l’esodo, complice anche l’andamento del cambio del franco svizzero nei confronti dell’euro. Sarebbe opportuno quindi tutelare il tessuto produttivo della nostra provincia. Un primo piccolo passo è stato fatto, ma non è sufficiente per tutelare e trattenere nel nostro territorio i lavoratori attuali e, soprattutto, le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro.

Dal punto di vista della logistica e dei trasporti in cosa si osserva, in particolare, questa “distanza” tra i due territori?

Il trasporto è uno dei settori maggiormente colpiti ed è già stata segnalata da tempo e da tutti gli operatori la carenza di autisti. Gli incentivi introdotti a favore dei lavoratori per poter accedere più facilmente alla professione non hanno prodotto i risultati auspicati. Sono ancora pochissimi i giovani che scelgono all’attività di autisti, per questo la difficoltà di assumere nuove figure è stata fronteggiata assumendo autisti provenienti dall’Est europeo. Le nostre aziende fanno molta fatica a reperire e formare come impiegati del personale valido, perché il nostro settore richiede un’esperienza specifica a seconda della tipologia del trasporto: terrestre, marittimo e aereo. La difficoltà aumenta per contrastare i livelli salariali offerti dalle ditte svizzere del nostro settore.

Diversi strumenti sono utilizzati altrove per incrementare i salari e ridurre il costo del lavoro: quali potrebbero essere le misure adeguate per le nostre aree?

Sia l’indennità di confine che l’attuazione della Zona economica speciale sono misure valide per scongiurare un’emigrazione esclusivamente legata al diverso trattamento salariale, che impoverisce sia le aziende pubbliche che le private. Ma, oggi come ieri, il personale dipendente sceglie la solidità finanziaria, gli impegni familiari sono sempre più gravosi e gli ultimi anni non hanno giovato a rasserenare gli animi. Andrebbe attuata al più presto la defiscalizzazione e andrebbero ridotti gli oneri sociali e i contributi che incidono sulla retribuzione dei lavoratori dipendenti.

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