Le frontiere riaprono
Ma la Svizzera frena
su shopping e turismo

Dal 3 giugno nessuna garanzia di reciprocità. «La Confederazione deciderà autonomamente». Incertezza sugli italiani bloccati in Ticino da tre mesi

In poche ore, le frontiere riaperte da e per l’Italia a partire dal 3 giugno - con annesso stop alla quarantena obbligatoria di 14 giorni e importante boccata d’ossigeno in prospettiva per il turismo, ma anche per i permessi “B” e “C” bloccati in Svizzera da mesi - si sono trasformate in una polemica dai toni aspri con la Svizzera. Non accadeva dal 7 marzo, cioè dal giorno in cui il nostro Governo annunciò il lockdown tenendo all’oscuro - come precisato da diversi esponenti politici ticinesi - il Canton Ticino («il maggior datore di lavoro della Lombardia») e la Confederazione. Queste frizioni non impediranno però - almeno ad oggi - di affrontare un altro argomento d’attualità, quello della chiusura dei valichi (su tutti quello di Arogno, sotto i tornanti della Valmara), che sarà l’argomento clou di un vertice che si terrà la prossima settimana a Roma nell’ambito dei “colloqui bilaterali”. Ma torniamo alla vibrante polemica di ieri sulla riapertura delle frontiere per parte italiana.

Già perché se da un lato il sottosegretario Ivan Scalfarotto (Italia Viva) esultava sui social sul fatto che «i tantissimi nostri connazionali che in queste settimane hanno sofferto la distanza dai loro cari potranno tornare a casa senza dover sottostare all’autoisolamento», dall’altro il ministro federale della Giustizia, Karin Keller Sutter, faceva notare che «quella dell’Italia è una decisione presa unilateralmente, di cui prendo atto». Ma non è tutto perché Karin Keller Sutter, a metà pomeriggio, ha lanciato anche una sorta di ammonimento al nostro Paese: «La Svizzera deciderà autonomamente se consentire il rientro di persone provenienti dall’Italia». Un’affermazione perentoria che nel pomeriggio ha trovato un appoggio politico - tutt’altro che scontato - da parte del ministro ticinese Norman Gobbi, il quale ha fatto notare - attraverso il Corriere del Ticino - che «quella di Roma non è una mossa concordata e di questo siamo preoccupati, tenendo conto anche del fatto che i dati dei contagi in Lombardia restano allarmanti». Le questioni in campo sono molte. Il senatore Pd, Alessandro Alfieri, se da un lato fa notare che «in territori come Varese e Como la riapertura delle frontiere consentirà a molte famiglie di rivedere i propri cari dopo oltre tre mesi», dall’altro spiega che «i Paesi dell’area Schengen (la Svizzera ne fa parte come “Paese terzo”, ndr) hanno diverse occasioni di confronto. A breve tutti i nodi saranno sciolti. Lo spazio Schengen è pensato e voluto per dirimere le questioni in essere e per confrontarsi sui temi che di volta in volta occupano la stretta attualità. È chiaro che il 3 giugno rappresenta una data importante».

Di parere opposto il deputato lariano di Fratelli d’Italia, Alessio Butti: «Il canale diplomatico aperto dal nostro Governo con la Svizzera è disordinato e privo di efficacia. E le dichiarazioni giunte oggi (ieri, ndr) dalla Confederazione rappresentano l’ennesima conferma». Già ieri mattina, la Svizzera aveva dato un segnale riaprendo le frontiere con Austria e Germania. Una riapertura, parziale, però considerato che non sono state autorizzate né la spesa oltreconfine né il turismo. Argomenti speculari a quelli in essere al confine italiano, dove il Governo - con i ministri Dario Franceschini, Luigi Di Maio e Vincenzo Amendola - intende spingere sull’acceleratore per riannodare i fili del discorso turistico. Soprattutto i Cantoni a nord del Gottardo rappresentano un mercato interessante senza dimenticare che la Germania è uno dei Paesi più fedeli alle vacanze in Italia e sul lago di Como.

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