Manca la manodopera anche per gli svizzeri. «Decisivi i frontalieri»

Lavoro L’assemblea degli imprenditori dell’Usi ha evidenziato la necessità di circa 500mila lavoratori. «Fondamentale la libera circolazione delle persone»

L’ultimo allarme in ordine di tempo sulla carenza di manodopera oltreconfine - a cominciare da quella qualificata - è arrivato dall’annuale e attesa assemblea dell’Unione svizzera degli imprenditori (l’influente Usi), che di fatto ha certificato un dato particolarmente allarmante e cioè che entro il 2023 potrebbero arrivare a mancare, a causa dell’invecchiamento della popolazione, sino a 500 mila lavoratori.

Le donne

Tanto che la stessa Usi, al termine dell’annuale assemblea, ha diffuso una lunga nota dal titolo particolarmente esplicativo: “Più impegno contro la carenza di manodopera qualificata”.

«Per far fronte alla carenza di lavoratori qualificati, i datori di lavoro intendono sfruttare il potenziale di manodopera nazionale - si legge in uno dei passaggi clou della nota -. Soprattutto per quanto riguarda le donne, è necessario concentrarsi sul miglioramento della conciliabilità tra lavoro e famiglia». Tema questo di stretta attualità, considerato che il prossimo 25 settembre gli elettori saranno chiamati alle urne per decidere le sorti dell’innalzamento da 64 a 65 anni dell’età pensionabile per le donne. L’assenza di personale si è già fatta sentire durante la pandemia, con diversi ospedali in difficoltà tanto per rimanere all’ambito sanitario.

L’Usi ha anche delineato il quadro dei settori (ne abbiamo dato conto più volte anche sul nostro giornale) che sul medio periodo saranno maggiormente colpiti dalla carenza di personale. In cima alla graduatoria c’è il settore informatico, seguito dall’edilizia e dalla sanità. Tutti settori che fungono da richiamo importante per i nostri frontalieri impiegati in Canton Ticino. Prova ne sia che - stando al report federale d’inizio maggio - nell’incremento dei frontalieri occupati nel settore Secondario le costruzioni hanno fatto la parte del leone, registrando un sensibile aumento su base annua. Per contro, il Terziario (che, lo ricordiamo, ha superato la quota dei 49 mila frontalieri occupati), impiega oggi il 66% dell’intera forza lavoro frontaliera. In pratica, due frontalieri su tre lavorano nel Terziario.

Gli Over 50

Il ragionamento a voce alta dell’Unione svizzera degli imprenditori ha abbracciato anche il tema del reinserimento lavorativo degli “Over 50”.

«Per i dipendenti più in là con l’età è fondamentale mantenere e promuovere le loro competenze nel mercato del lavoro», ha sottolineato il direttore dell’Usi, Roland Müller.

A questo proposito, l’Unione svizzera degli imprenditori ha lanciato una stretta collaborazione tra datori di lavoro denominata “focus50plus”. Con una puntualizzazione e cioè che «anche in futuro la Svizzera dipenderà dall’immigrazione dai Paesi dell’Unione Europea e degli Stati Aels (i membri, oltre alla Svizzera sono Islanda, Liechtenstein, Norvegia ). Per questo sono decisive buone condizioni quadro e la garanzia della libera circolazione delle persone».

Ciò significa che senza frontalieri difficilmente l’economia federale potrà garantirsi un futuro florido. Frontalieri che nel trimestre che si è appena concluso sono destinati a superare quota 75 mila, stabilendo così un primato difficilmente immaginabile anche solo sei anni fa.

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