Svizzera, lockdown light
E da lunedì ai valichi
si temono lunghe code

Gli ingressi dei frontalieri - con permesso “G” in bella mostra - saranno passati “al setaccio” proprio per la suddivisione indicata da Berna tra attività essenziali e non essenziali.

La Svizzera ha annunciato a partire da lunedì, per cinque settimane, un lockdown light anche per i negozi che non vendono beni di prima necessità, che andranno così ad aggiungersi alle chiusure non stop di bar, ristoranti nonché strutture per il tempo libero prorogate fino a fine febbraio.

I controlli

Detto che la Confederazione ha introdotto anche l’obbligo (e non più la raccomandazione) del telelavoro, l’attenzione dopo questo nuovo giro di vite si sposta inevitabilmente anche sui valichi di confine, considerato che da lunedì gli ingressi dei frontalieri - con permesso “G” in bella mostra - saranno passati “al setaccio” proprio per la suddivisione indicata ieri da Berna tra attività essenziali e non essenziali. In quest’ottica un appello al buonsenso è stato lanciato ieri pomeriggio - subito dopo l’annuncio delle nuove restrizioni - dal responsabile frontalieri del sindacato ticinese Ocst, Andrea Puglia: «Il nostro riferimento è il Cantone e all’istituzione cantonale ci rivolgiamo affinché si compiano delle scelte ragionevoli riguardo agli accessi alle dogane. È prevedibile che vengano previsti controlli importanti alle dogane per verificare che i frontalieri che vengono al lavoro facciano parte dei settori autorizzati a lavorare in presenza. Non dovranno però - da qui l’appello - verificarsi le code avute durante il lockdown primaverile, con un occhio di riguardo specifico per il personale sanitario che dovrà necessariamente avere corsie preferenziali per accedere in tempi rapidi in Svizzera e ai rispettivi luoghi di lavoro».

Berna, nella conferenza stampa di gran lunga più attesa da inizio pandemia (154 i nuovi casi in Ticino con 4 decessi, 3001 i casi registrati a livello federale con 58 decessi), ha dunque deciso di chiudere buona parte dei negozi insieme a bar e ristoranti, ma non gli impianti sciistici. E il perché di questa decisione l’ha spiegato proprio il ministro Alain Berset: «Lo sci è uno sport all’aria aperta. Rimane il problema delle risalite, ma qui ci sono delle regole molto rigide, più rigide che quelle sui trasporti pubblici».

Obbligo di mascherina

La notizia delle nuove chiusure decise dal Governo federale è subito rimbalzata in Canton Ticino, con il presidente del Consiglio di Stato, Norman Gobbi, che ai microfoni della Rsi non ha escluso il proprio disappunto: «È una botta per il morale della truppa. Gli sforzi di tutti stanno dando i loro frutti. Se chiediamo uno sforzo ai negozianti, dovremmo chiederlo anche ad altri settori che non sono stati toccati, penso in particolare agli impianti sciistici. Valuteremo dunque ulteriori chiusure».

Detto che sui luoghi di lavoro (notizia di servizio anche per i frontalieri) scatterà l’obbligo della mascherina protettiva «se nel locale è presente più di una persona», c’è da registrare anche un interessante dato fornito dall’Università della Svizzera italiana che ha rilevato come «il lockdown della scorsa primavera abbia permesso di salvare 30 mila vite con altre 5 mila salvate grazie al fatto che si è evitato il sovraffollamento degli ospedali», per un valore economico complessivo - come rimarcato dalla Rsi - di «100 miliardi di franchi». M. Pal.

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