Telelavoro dei lavoratori frontalieri. Sindacati e imprese: «Va prorogato»

Confine Una lettera appello a Berna di Ocst, Unia, Aiti e Camera di commercio del Ticino. «L’imminente scadenza del 31 gennaio crea incertezza. E anche per il traffico sarà un problema»

Non c’è tempo da perdere visto che - in base a quanto comunicato prima di Natale - l’accordo sul telelavoro dei frontalieri non verrà prorogato, con l’annesso regime speciale che decadrà a partire dall’1 febbraio.

Ieri, sindacati, imprese e Camera di commercio hanno unito le forze, inviando una lunga missiva alla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali, chiedendo di «intervenire senza indugio presso le autorità italiane per concordare un regime, anche transitorio, che permetta la continuazione del telelavoro parziale anche dopo il 31 gennaio».

Il retroscena

La lettera è firmata dai sindacati Ocst, Unia nonché dall’Aiti (l’Associazione delle Industrie Ticinesi) e dalla Camera di Commercio del Canton Ticino. Il tutto a conferma della rilevanza a “360 gradi” del tema. «L’accordo amichevole in materia fiscale e l’applicazione flessibile della soglia del 25% per l’assoggettamento alle assicurazioni sociali hanno introdotto regimi straordinari che hanno aiutato la nostra regione ad affrontare la difficile crisi sanitaria - si legge nella missiva -. Peraltro il telelavoro ha contribuito a ridurre, almeno parzialmente, il traffico e il relativo carico ambientale».

Nelle due pagine indirizzate alla Segreteria di Stato per le Questioni finanziarie internazionali - nella persona di Daniela Stoffel - si scopre che la decisione di interrompere l’accordo amichevole è arrivata dall’Italia, peraltro «con un solo mese di preavviso e senza soluzione transitoria».

Da qui la richiesta di un intervento diretto da parte di Berna, anche perché «il brusco ritorno, senza fasi transitorie, al regime fiscale ordinario il prossimo mese di febbraio, crea una situazione di incertezza che le aziende e i loro dipendenti vorrebbero evitare», con Svizzera e Francia che nel contempo hanno raggiunto «un accordo durevole sul telelavoro dei frontalieri». Cosa cambierebbe in caso di mancata proroga - dal 1° febbraio - lo ha spiegato l’Ocst in una dettagliata nota datata 23 dicembre, in cui si faceva diretto riferimento al superamento della soglia del 25% per quanto concerne lo smart working, oltre la quale «l’autorità previdenziale italiana (l’Inps) acquisisce facoltà di richiedere all’azienda svizzera l’incasso del relativo contributo in Italia, il che implicherebbe molta burocrazia oltre a maggiori oneri finanziari». E questo perché il frontaliere sarebbe poi tenuto «a dichiarare all’Agenzia delle Entrate la quota diretto maturata nelle intere giornate di lavoro sul suolo italiano». Ora la parola passa a Berna.

Le richieste

È sempre sul fronte sindacale l’altra importante notizia di questo primo lunedì post festività, con l’Unione Sindacale Svizzera che è tornata a chiedere «un salario minimo di 4.500 franchi». Richiesta già inoltrata in passato e che aveva dato corso ad un ampio dibattito non solo in Svizzera. «Gli aumenti salariali decisi per l’anno in corso in molti settori non ci soddisfano», ha fatto sapere l’Unione Sindacale Svizzera.

Da qui la nuova richiesta di un salario minimo a 4.500 franchi, che peraltro per molti frontalieri rappresenterebbe un importante balzo in avanti. Nel contempo, l’Unione Sindacale Svizzera ha anche chiesto orari di lavoro più flessibili «per migliorare la tutela della salute e la vita familiare dei dipendenti».

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