Si è concluso un altro anno scolastico, lasciando un po' di amaro in bocca, per le molte incognite che allarmano la scuola italiana del futuro. Mai come in quest'anno insegnanti e genitori hanno sentito il disagio di una scuola, soprattutto per quanto riguarda quelle dell'obbligo scolastico, che viene sempre più penalizzata nelle risorse che ha a disposizione, al punto da scontentare tutti. I docenti vanno da una classe all'altra, anche nella scuola primaria, per coprire gli orari. Se ci sono alunni che hanno bisogno di qualche momento di recupero, ora non è più possibile, perché le classi tendono ad essere sempre più numerose, intorno ai 25 o più alunni e ciò richiede una presenza continua dell'insegnante. Le ore di compresenza sono del tutto scomparse, soprattutto in una situazione sociale sempre più complessa, con un aumento di casi di dislessia, di disagi affettivi, di inconsapevolezza delle regole, che richiedono attenzioni individualizzate, ma non ci sono le risorse per attivarle. Anche per quanto riguarda la disabilità le ore di sostegno diminuiscono, a danno dei più deboli e di quelle famiglie che già devono affrontare la grande e difficile responsabilità di un figlio disabile. Ci si trova di fronte ad una scuola pubblica che, normativamente, tende a non guardare in faccia la realtà sociale di cui la scuola è elemento fondamentale, in quanto partecipa in modo fondamentale dell'educazione dei ragazzi e della loro crescita e ne diminuisce le risorse, ragionando solo in termini di numeri e non di persone, di qualità dell'educazione, di metodi da apprendere. E in questa scuola, costruita sui numeri che devono quadrare, a farne le spese sono proprio le famiglie, in una società in cui se non si lavora in due, è difficile arrivare alla fine del mese. Sono famiglie che hanno bisogno di un tempo lungo a scuola, ma questa è apparentemente una scelta proposta alla famiglia, che effettivamente non può scegliere, perché le classi a tempo lungo sono diventate "a numero limitato" nella scuola di oggi e molte famiglie sono costrette a ripiegare su un orario scolastico inferiore. Può reggere una scuola che insegue le nuove mode tecnologiche, che aumenta il numero delle discipline, ma diminuisce le ore di insegnamento e poi pretende una preparazione di tipo europeo per i nostri alunni? Questo è un altro paradosso che da alcuni anni è un vero problema, perché a lungo termine mostrerà i suoi risultati negativi. Tutti gli ultimi ministri che si sono succeduti hanno istituito nuove discipline e nuovi insegnamenti nella Scuola Primaria: lingua inglese, educazione alla cittadinanza, ecc. Però il tempo scuola sta diminuendo: allora ci si chiede come sia possibile garantire una preparazione di base, diminuendo le ore di insegnamento? Per fare lingua inglese e le altre educazioni bisogna togliere ore ad esempio ad italiano e a matematica: non si può fare altrimenti. Questa scuola non piace più a nessuno e quest'anno scolastico ha accentuato il malessere, soprattutto perché i dati previsionali dicono che dopo l'estate gli effetti della "numerologia" applicata all'educazione faranno sentire i loro effetti in modo ancora più drastico. Dimenticando che la scuola non deve far quadrare i conti. Ha bisogno d'altro: deve essere incentivata in quanto luogo educativo dei cittadini di domani. Deve dare la parola a questi bambini e ragazzi che parlano solo con gli schermi. Per far questo ci vuole tempo e la logica dei numeri passa in secondo piano.