Il lungolago e lo stato
di calamità. Comunale

E ora che ci resta? Forse l'intervento di Corrado Passera, ministro comasco alle (tra le altre cose) infrastrutture. Perché il cantiere del lungolago ha infilato quella china più volte denunciata da queste colonne mentre nel palazzo minimizzavano. «Ma va i soliti terroristi dell'informazione». Adesso ciò che si paventava affinché non avverasse sta diventando un incubo reale. Como rischia di restare separata dal lago per un periodo indefinito.
Il cantiere delle paratie come la Ticosa. Ci ridevano sopra a palazzo Cernezzi. Purtroppo siamo anche oltre. Perché se l'economia della città (intesa in senso lato) può metabolizzare l'atavica presenza dell'ex Tintostamperia prima e delle macerie ora, è impensabile che riesca a tollerare una situazione analoga nell'area più cercata, vissuta e ambita da turisti e cittadini. Como senza lago non può vivere. Restare senza acqua, senza la visione del primo bacino, è come staccare l'ossigeno alla città, praticarle l'eutanasia.
Ecco perché urge un soluzione, peraltro non facile, per uscire dall'impasse di un'azienda, la Saicam in agonia e di un cantiere sbagliato, nato male e cresciuto peggio quantomeno per l'imperizia, la presunzione di chi l'ha pensato, autorizzato e gestito.
A questo punto, visti i chiari di luna, è difficile immaginare che la ditta veneziana possa riaversi. La via del contenzioso legale tra il Comune e coloro che hanno avuto l'appalto è forse obbligata. Ma non risolve il problema nell'immediato e mostra i fantasmi di una lunga paralisi nella zona dell'intervento. Serve altro. Il miracolo di un colpo d'ala di un'amministrazione che ha sempre mostrato ali di piombo, anzi di cemento. Ma non è mai troppo tardi. Una leggenda metropolitana dice che il sindaco Bruni sia stato all'inizio contrario al cantiere del lungolago. Del resto si trattava di un'opera avviata dal predecessore, il compianto Alberto Botta, come tante che l'attuale primo cittadino si era premurato di cancellare. Sulle paratie forse Bruni ha cambiato idea. Prima di uscire di scena faccia una scelta controcorrente rispetto all'andazzo del suo allucinante secondo mandato. Porti in eredità al successore una soluzione per uscire dall'incubo di Como orbata per anni del suo lungolago. Compia un ultimo atto opposto al penultimo, quello di lasciar chiudere la passeggiata Zambrotta per consentire la ripresa di lavori che non si sa quando potranno ripartire. E chi li farà ripartire.
Bruni regali alla città almeno un motivo per ricordarlo con un minimo di gratitudine. Il primo mandato del sindaco ha portato al disastro della Ticosa. Se il secondo lasciasse dietro di sé l'incubo del lungolago ci sarebbe da scomodare quelli dei Guinness dei primati. Il record della mala amministrazione.
Altrimenti dovremmo sperare nel super ministro Passera. Se il governo riesce nell'impresa di abbattere lo spread e riportare l'Italia in crescita, forse riuscirà anche a risolvere il pasticcio lungolago. Come estrema ratio si potrebbe chiedere lo stato di calamità. Non naturale (anzi la natura potrebbe costituirsi parte civile), ma comunale.
Francesco Angelini

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