Ai ragazzi comaschi
diamo una prospettiva

Como vuole essere una città per giovani o per vecchi? Farsi questa domanda davanti alla nuova ondata di scritte sui muri del centro storico può sembrare esagerato. Ma va posta e forse se la dovrebbero porre anche gli aspiranti candidati alle prossime elezioni amministrative, che mai in passato sono stati così numerosi. Se il proliferare di liste può essere sintomo di un malessere della città, in parte lo è anche l'escalation di scarabocchi sui muri del centro storico (in altra parte è pura maleducazione).
E allora cerchiamo di non svicolare più davanti alla domanda iniziale, che, detto per inciso, è una citazione, "rubata" a un uomo che da giovane ha avuto la fortuna di incontrare un adulto (un suo professore della Magistri cumacini) che gli ha fatto scoprire un grande talento positivo, quello per la Scienza, e da adulto ha restituito ai giovani molto di più, fondando l'università di Como. Si tratta di Giulio Casati, che non a caso da trent'anni spinge, per ora invano, affinché la città metta a disposizione degli universitari un luogo dove possano essere comunità, e non semplici studenti, ovvero il campus. Altrettanto non a caso, nelle ultime settimane gli studenti dell'ateneo si sono mobilitati perché Como onori con la massima benemerenza civica la memoria di un altro docente, Giorgio Luraschi, che si è distinto nella massa dei "grandi" (nel suo caso non solo di età) per aver fatto qualcosa di molto concreto per loro: ha contribuito a conquistare ai giovani lo spazio più straordinario che attualmente hanno a disposizione in questa città, il chiostro di Sant'Abbondio.
Negli stessi anni in cui Luraschi e l'allora sindaco Alberto Botta, anch'egli scomparso di recente e rimpianto da molti, si battevano per il recupero del chiostro, lo stesso Botta si trovò ad affrontare l'allora nascente fenomeno del graffitismo. Da uomo attento ai giovani si rese disponibile a incontrare alcuni writer e affidò loro dei muri (in Ticosa e nei sottopassi) dove esprimere legalmente e in modo più artistico la propria creatività. Ma fu sordo rispetto alle richieste di aprire un centro di aggregazione. O meglio, di ri-aprire degli spazi creativi che c'erano già stati fino al 1998: quell'anno, infatti, chiusero il circolo Arci "Box 202" di piazza Roma e la ludoteca "Inn of the last home" di via Volta. Botta, uomo di sport, disse che per ritrovarsi c'erano la Canottieri e gli altri circoli sportivi della zona stadio. Ma non bastavano e non bastano.
Ci vuole innanzi tutto il coraggio di rispondere con convinzione alla domanda di Casati che "sì, Como, se vuole avere un futuro all'altezza del suo passato, deve essere una città (anche e soprattutto) per i giovani". E bisogna ricordarsene nelle scelte che contano, a partire dai bilanci comunali e dal piano regolatore. Una città che pensa ai suoi figli, non dovrebbe più tergiversare, tanto per fare due esempi eclatanti, sul campus e sul centro polifunzionale che Conservatorio e Politecnico hanno proposto da tempo per il Politeama.
Le "grandi opere" a favore dei ragazzi andrebbero integrate con quello che già c'è e che si potrebbe ulteriormente potenziare (dall'utilizzo pomeridiano delle scuole per attività creative, alle sale prove del San Martino, passando per il centro di produzione audiovideo del liceo Volta). Quando si parla di superassessori (e vale anche per i superministri) si pensa sempre a deleghe come bilancio e lavori pubblici, ma, se il prossimo sindaco vorrà davvero rilanciare Como e invertire la tendenza decadente degli ultimi lustri, farebbe bene a mettere nelle mani a una persona sola, e in gamba, scuola, università e politiche giovanili.
Pietro Berra

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