Como, scempi da un patrimonio

Oggi le 700 famiglie in lista d'attesa a Como per un alloggio comunale avranno una ragione di più per masticare amaro. Su 760 appartamenti 129 sono inutilizzati perché da ristrutturare (95), inagibili (26) oppure occupati abusivamente (8).
Il merito di aver denunciato l'ennesimo paradosso della gestione del patrimonio comunale è del consigliere Mario Molteni (lista per Como), che ha avuto parole molto dure nei confronti dell'amministrazione Bruni: «Abbiamo il 17% degli appartamenti inutilizzati e in stato di abbandono, vorrei vedere un privato che si può permettere di gestire i propri beni in questo modo. Questi dati sono l'ennesima prova che la situazione del settore è pessima. Di più, è sintomo di incapacità».
Molteni ha fatto centro. Certo, c'è la crisi, ma quale imprenditore privato può permettersi oggi - e in assoluto - di tenere inutilizzato il 17% del proprio patrimonio immobiliare? La domanda è retorica e la risposta scontata: nessuno. Ma qui c'è di mezzo il pubblico e accade anche questo. Il fatto è che il Comune non è nuovo a scivoloni del genere. La gestione del patrimonio di Palazzo Cernezzi, infatti, è finita di recente al centro delle polemiche per i garage affittati a dirigenti ed ex dirigenti a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli di mercato. Lo stesso è accaduto per alcuni appartamenti fuori Erp (acronimo di edilizia residenziale pubblica), abitati da dipendenti ed ex dipendenti comunali, sempre con canoni d'affitto estremamente vantaggiosi. Oltre a questo sono emerse gravi irregolarità per gli immobili di custodia, occupati in maggioranza da persone che non hanno più titolo e che, in alcuni casi, non avevano mai pagato nemmeno le utenze di luce e gas. Caos anche per le concessioni dei chioschi, scadute da anni e non rinnovate. E, dulcis in fundo, per numerosi negozi o bar in clamoroso ritardo nel pagamento dei canoni.
Il tutto è finito nel mirino della Procura, che ha inviato più volte in Comune la Finanza per acquisire gli atti relativi al patrimonio. E lo stesso direttore generale Nunzio Fabiano ha avviato nelle passate settimane un'indagine interna di cui si sono però perse le tracce.
La notizia di ieri, se possibile, è ancora più grave perché la beffa è doppia: non solo il Comune non mette a frutto l'ingente patrimonio abitativo, ma lo sta progressivamente lasciando andare a rotoli, ignorando tra l'altro le esigenze di ben 700 famiglie in lista d'attesa. Palazzo Cernezzi potrebbe ribattere (e forse lo farà) che non ci sono soldi per ristrutturare gli immobili. Così come non ci sono per le buche sulle strade, i marciapiedi, la spalatura della neve. Questo, però, significa ribaltare i piani. Il Comune di professione non fa - e infatti i risultati sono a dir poco modesti - l'immobiliarsta.
Tanto è vero che il consiglio qualche tempo fa ha varato un primo piano di dismissioni per 60 appartamenti. In quale cassetto sia finita la delibera non è dato sapere, ma resta il fatto che il palazzo continua a tenere il binocolo al contrario. È giusto che abbia un patrimonio abitativo così consistente, posto che non è in grado di gestirlo? Non sarebbe forse meglio riservare un centinaio di alloggi alle emergenze sociali e abitative vere e dismettere il resto mandandolo a reddito prima che cada definitivamente a pezzi?
Questo non significa mettere in mezzo a una strada chi ne ha effettivamente diritto: basterebbe offrire gli alloggi in prelazione a prezzo calmierato. Così il Comune, in una situazione di bilancio da lacrime e sangue, potrebbe incassare un gruzzolo prezioso. E magari garantire alla città la spalatura della neve e qualche buca in meno sulle strade.

Emilio Frigerio

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