Per cambiare Como ci vogliono i giovani

Non è un paese per giovani. Parafrasando il titolo di un film dei fratelli Coen, è questa la realtà italiana. E Como non fa eccezione. Anzi. Gli "over 65", in riva al Lario, sono quasi il doppio degli "under 14". O si cambia la società o si muore: e non è un modo di dire.
Perché abbiamo preso questa strada da cui non riusciamo più a tornare indietro? Si potrebbe osservare, con una battuta semiseria, che per troppi anni abbiamo affidato la lettura del nostro futuro a maghi e fattucchiere. E non in qualche scantinato dei quartieri popolari, ma direttamente dallo schermo della televisione. Per invertire la rotta occorre affidarsi a qualche coscienza più elevata, e documentata. Soprattutto, occorre che i giovani prendano coraggio, che si facciano largo nella società e inneschino il tanto atteso cambiamento che non arriva mai.
Su "La Provincia" di oggi registriamo due interessanti segnali in questo senso che meritano una riflessione. Un appello del fondatore dell'ateneo lariano, nonché scienziato in odore di premio Nobel, Giulio Casati, a guardare oltre la classe dirigente che governa la città, a guardare chi la esprime, cioè noi stessi. Siamo tutti parte del declino di questa ex capitale della seta da troppo tempo in cerca di una nuova identità. Per invertire la rotta, dice Casati, «occorre creare le condizioni per trattenere e attirare i giovani creativi e sensibili», favorendo «un ambiente culturale aperto, dinamico e in relazione con il mondo intero».
È difficile essere ottimisti in questi tempi di crisi, e si corre il rischio di passare per ingenui o illusi, eppure qualche segnale positivo pare di vederlo. Proprio qui, a Como. Tra le notizie che vi diamo oggi c'è anche un dato, per una volta, in crescita. Ed è un dato importante, perché riguarda i brevetti: 384 le domande di invenzioni depositate alla Camera di commercio nel 2011, venti in più rispetto all'anno precedente. Vuol dire che le idee non mancano e, spesso, sono idee giovani. Mentre si aspetta che dia un segno forte di vita la cosiddetta generazione Tq (trenta-quaranta), che rischia di passare alla storia, non solo di questa città, come una generazione fantasma, incalzano i ventenni. Forse sanno leggere il futuro meglio di noi Tq, che ce lo siamo visto scappare davanti mentre eravamo troppo ancorati a schemi vecchi (ma siamo ancora in tempo per liberarcene, basta volerlo).
Esemplare, in questo senso, una storia che vi abbiamo raccontato nei giorni scorsi: quella di Federico Spinelli (26 anni), che per la laurea in Ingegneria meccanica si è fatto regalare un trattore. E ora divide in suo tempo tra il lavoro di ingegnere e quello di coltivatore diretto. Proviamo a porci una domanda: è lui fuori dal tempo o siamo noi? «Sono sempre più evidenti i limiti della società odierna: uno sbilanciamento macroscopico tra i pochi che producono beni e la miriade di addetti all'erogazione di servizi», dice Federico. «Ma sono convinto - aggiunge - che questi squilibri dovranno giocoforza ridursi, tanto da rendere nuovamente possibile una forma di agricoltura che preveda la produzione automa di alcuni prodotti. Io mi porto avanti». Parole su cui riflettere, ed è bello che vengano da un giovane. Como, nel 2012, avrà un'importante occasione corale per ragionare su come svecchiarsi: la prossima edizione di ParoLario, cui si è dato per tema, non a caso, "leggere il futuro".

Pietro Berra

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