Il governo delle riforme
non può fare le riforme

Con la querelle sull'articolo 18, anche il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha avuto il suo battesimo del fuoco. Più ancora che l'intervento sulle pensioni, toccare l'illicenziabilità del lavoratore e quindi superare la natura “duale” del nostro mercato del lavoro è un intervento che ha valore sia sostanziale, sia simbolico. Implica infatti voltare pagina rispetto a un passato di rigidità lavoristiche e sindacalismo “politico” che è una delle ragioni per cui l'Italia è così indietro in tutte le classifiche internazionali.
Trasformare un contratto di lavoro, per le imprese con più di 15 dipendenti, nell'equivalente di un matrimonio non può che avere due effetti: ridurre, a parità di altri elementi, la propensione ad assumere a tempo indeterminato (perché il rischio è troppo grande) e indurre le imprese a sottodimensionarsi. Nessuna delle due cose dipende unicamente dall'articolo 18, né queste soltanto spiegano la scarsa competitività italiane: ma entrambe rappresentano una parte dei “perché”. Non c'è nulla di nuovo in questa analisi: si tratta di questioni che sono state ampiamente approfondite, e che trovano una certa convergenza nelle analisi di studiosi anche molto diversi nei loro approcci, come Michele Tiraboschi, da un lato, e Pietro Ichino, dall'altro.
La novità di questi giorni sta nell'effetto che la reazione rabbiosa della Cgil di Susanna Camusso - e, a ruota, degli altri sindacati e rispettivi interlocutori politici - ha prodotto. La combattiva Fornero è stata costretta (pare dai colleghi di governo) a una precipitosa marcia indietro, negando qualunque intenzione di sfiorare l'articolo 18: chi tocca i fili, muore. Solo che questo immediato “contrordine compagni” alimenta la percezione che il governo, nato “tecnico”, sia in realtà un governo “tecnico-politico”, dove la componente politica - che si materializza nei veti e imboscate parlamentari - conta molto più di quanto non si credesse inizialmente.
Se l'incarico a Mario Monti venne giustificato con l'esigenza di fare riforme impopolari, di cui i partiti non intendevano assumersi la responsabilità, allora il giocattolo richiede un po' di manutenzione, perché le cose non funzionano come dovrebbero. Quello che è clamorosamente vero per l'articolo 18 lo è stato, in questi giorni, anche su una serie di interventi minori, che teoricamente avrebbero dovuto colpire gruppi sociali assai meno influenti della triplice sindacale: dalle farmacie ai tassisti.
Ma a cosa serve un esecutivo incaricato di fare le riforme, se poi non riesce a fare le riforme? Naturalmente è ancora troppo presto per esprimere giudizi definitivi, anche perché la manovra - pur snaturata in molti dei suoi contenuti e palesemente sbilanciata sul fronte delle maggiori entrate - contiene almeno un provvedimento di grande portata (le pensioni). Tuttavia, se il buongiorno si vede dal mattino, i facili ottimismi della vigilia oggi devono fare i conti con un dato di realtà molto preoccupante. Cioè che l'Italia è un paese con anticorpi fortissimi contro ogni cambiamento.
Evidentemente, cambiare i suonatori non basta perché anche la musica cambi.
Carlo Stagnaro

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