I motivi di certo non mancano, e probabilmente su molti fronti c'è poco da fare. Ma c'è anche qualcosa che va oltre, nel nostro malessere, e contro cui qualcosa invece si può fare. Il ministro Andrea Riccardi è stato il primo membro del governo tecnico a rompere il tabù, e ad usare la parola: "disperazione". Intervistato da Repubblica, ha detto: "In giro c'è troppa disperazione, il governo deve farsene carico". E va bene che Riccardi, ministro alla Cooperazione internazionale, è il fondatore di Sant'Egidio, la comunità che a Trastevere gestisce da decenni una mensa per i poveri. Insomma se ne intende.
Eppure tra la crisi e la disperazione che si avverte nell'aria c'è una linea sottile, invisibile, che bisogna stare attenti a non superare. Basta poco per chiudersi la via del ritorno o anche passare dalla parte del torto. L'Agenzia delle entrate non è una banda di rapinatori, è una struttura che fa parte del ministero dell'Economia e in quanto tale agisce legalmente e per conto di tutti noi.
E' come se, anziché voglia di riscatto e di farcela, come quella che segnò il Dopoguerra giri l'aria di una rassegnazione incattivita. Sulla quale spesso i mezzi di informazione calcano la mano del patos, della narrazione drammatica. E soprattutto, spalleggiati da certi politici, alimentano il populismo: che è l'arte di dare sempre la colpa a qualcun altro.
Prendiamo la vicenda del nuovo "supercommissario" per i tagli della spesa pubblica, Enrico Bondi. Contestualmente alla sua nomina, il governo ha chiesto un contributo di idee anche ai cittadini su cosa sia meglio "tagliare". Lo ha fatto, in realtà, più che altro per provare a scrollarsi di dosso l'immagine di essere capace solo di mettere tasse. Ma è stata una valanga. Quarantamila messaggi in un giorno sono arrivati a Palazzo Chigi. Quando c'è da individuare lo spreco - "la colpa degli altri" - è come per la Nazionale di calcio: ci trasformiamo tutti in un Paese di commissari tecnici.
Tutti sanno dove tagliare. Basta che non sia troppo vicino. Insomma, lo spreco è sempre ciò che non ci tocca direttamente. Sarebbe bello, in quella montagna di denunce, che si trovassero anche ipotesi su come fare più e meglio il proprio lavoro, specialmente nel comparto pubblico. Non è incoraggiante che la presidente di Confindustria abbia subito bocciato l'idea di ridurre le sovvenzioni alle imprese che sono invece una bella fetta dello spreco pubblico. Non c'è che dire, lo spreco del vicino è sempre più verde. Ed è questo che ci fa disperare.
Maurizio Crippa
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