Galleria
chiusa
Cittadini
in ostaggio

  Che la storia della Regina sia un succedersi di ore e ore di passione per gli automobilisti, non è un mistero. Non lo è per i comaschi ma anche per chi si trova o si è trovato a passare da quelle parti per diletto, i turisti in primo luogo.
Ma oggi siamo ben oltre il livello di esasperazione raggiunto anche in tempi recenti: la chiusura totale  della galleria di Cernobbio per tre settimane intere, rischia di dare il colpo di grazia alla residua fiducia che, automobilisti e no, hanno nelle istituzioni.
Molti di coloro che stanno leggendo questo articolo, con tutta probabilità saranno fermi in colonna o, se l'ora è più tarda, staranno schiumando di rabbia e nervosismo per il tempo perduto. Anche per questo va chiarito subito che i lavori disposti dall'Anas, per una spesa non differente - 23 milioni di euro -, erano necessari e indifferibili. Non si può scherzare con la sicurezza, in particolare se rapportata a un tunnel ormai lontano dagli standard europei. Quindi le opere avviate andavano fatte e in fretta, pur consci dei disagi.
Sul come è una questione da specialisti e tecnici che, come per la sicurezza e la tempistica, non possono essere messi in discussione.
Diverso è il discorso sulla gestione di una situazione d'emergenza. Che non può non partire, e la stessa Anas  che in quanto a tunnel sul lago avrebbe molto da farsi perdonare ne deve essere conscia, dalla consapevolezza che ci si trova ad agire su un territorio dalla conformazione complessa.
Anche a chi non è comasco, non può sfuggire il "particolare" che, serrare per tre settimane la galleria di Cernobbio, vuol dire paralizzare in buona parte la circolazione su questa sponda del lago, circolazione che è già di per sé complicata anche in situazioni di cosiddetta normalità. Con tutto quanto significa questo, nervosismi a parte, per l'economia e  i servizi della sponda occidentale. Senza scordare l'impatto ambientale che le code chilometriche avranno per i paesi alle porte del capoluogo.
Per avere la riprova di come non sia stata calcolata con attenzione la ricaduta, è bastato quanto è accaduto sabato, un giorno parzialmente lavorativo. E così, nonostante le pattuglie di Polizia stradale e vigili, oggi potrebbe essere un'altra giornata campale. E domani di nuovo, e mercoledì ancora. Del resto chi pensava che si sarebbe tornati all'83, quando la strettoia di Cernobbio assorbiva la circolazione senza eccessivi traumi, non può far finta di dimenticare di quanto sono cambiati i volumi  di traffico, oggi superiori ai 13 mila veicoli al giorno.
A galleria chiusa, quindi, però ora serve correre ai ripari. E in fretta. Non è facile, certo, ma per molti che si devono recare al lavoro potrebbe essere utile un deciso e massiccio incremento delle corse di aliscafi e battelli, anche dei più piccoli. E magari analizzare con l'Anas se ancora è possibile un'apertura parziale in precise ore del giorno, in coincidenza con le punte di afflusso più alte. Anche a costo di allungare di qualche giorno la chiusura diurna che, però, potrebbe diventare più sopportabile e penalizzare meno l'economia lacuale.
L'emergenza di oggi però deve servire anche a un altro scopo: a rendere palese che se la galleria è così strategica, non si può trascurare la sua vulnerabilità. E che se per qualche motivo, il tunnel fosse impraticabile in altre situazioni, diventa imprescindibile studiare fin d'ora le alternative. L'unica risposta alla  marea di lamiera irritata e stanca di una viabilità che, invece di migliorare, riproduce le carenze messe in evidenza nel secolo passato, non possono essere solo i poveri poliziotti e vigili.
Umberto Montin

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