Se la cosa
è pubblica
non c'è
rispetto

  Se una società privata gestisse i propri affari come il Comune di Como fa con i propri immobili, sarebbe stata inesorabilmente spazzata via dal mercato. Qualunquismo? Potrebbe anche suonare come tale, in effetti. Ma non c'è modo migliore per combattere il qualunquismo che evitare di alimentarlo continuamente di ottimi motivi perché sopravviva a se stesso. E invece...
La pubblicazione su internet dei dati relativi alla gestione degli immobili pubblici, nell'ambito di un'operazione trasparenza decisa dalla giunta che da primavera guida l'ente comunale, rispolvera mai superati vizi.
Vizi tipici della pubblica amministrazione. Basta leggere l'attacco dell'articolo di Gisella Roncoroni a pagina 19 per sentire un brivido correre lungo la schiena. La sintesi dei dati resi noti da Palazzo Cernezzi - peraltro già in passato denunciati sulle colonne di questo giornale - è semplice: il patrimonio immobiliare del Comune è stato gestito in modo fallimentare. Non ci sono altri termini per bollare la mole di irregolarità riscontrate nei faldoni che contengono la storia di appartamenti, box, locali commerciali, uffici dati in uso a cooperative ed enti no profit e di proprietà dell'amministrazione. Contratti scaduti da anni o addirittura mai sottoscritti, affitti mai pagati, immobili affidati con criteri ignoti o quantomeno oscuri. Un andazzo accettato per anni - decenni ormai - per un motivo che nessuno ammetterà mai, ed eppure è fin troppo lampante: tanto si tratta di beni comunali.
Sarebbe fin troppo facile chiedere agli amministratori che si sono susseguiti negli anni e che hanno accettato questa situazione, o che non sono stati in grado di affrontarla e cambiarla, come si sarebbero comportati se gli immobili in questioni fossero stati di loro proprietà. Ma anche questa domanda richiamerebbe toni qualunquisti.
Di sicuro i retroscena legati al patrimonio immobiliare del Comune - dunque nostro - raccontano anche un altro vizio purtroppo molto italiano: quello che spinge i privati a credere che, se una cosa è di proprietà del pubblico, è giusto non rispettare i contratti (quando ci sono). E non onorare il pagamento dell'affitto, perché tanto nessuno ti darà mai lo sfratto.
Tra i tanti numeri che testimoniano il fallimento del Comune su questo tema spicca il milione e 200mila euro di crediti vantati da Palazzo Cernezzi nei confronti di società commerciali che non pagano il canone di locazione. Tradotto: c'è chi ha delle attività commerciali ospitate all'interno di locali pubblici, che grazie a quelle attività guadagna, ma che si "dimentica" di versare l'affitto alle casse comunali. L'ultimo esempio è quello della società immobiliare che ha in locazione un edificio in pieno centro storico subaffittato a un ristorante pizzeria. Quest'ultimo paga all'immobiliare l'affitto, ma l'immobiliare non versa nulla al Comune, proprietario delle mura. Lunedì sarà formalizzato un accordo in base al quale cominceranno - finalmente - a essere pagati i debiti pregressi, a partire dal 15 novembre. Due date che tutti i comaschi è meglio si appuntino. Per pretendere, finalmente, fatti di fronte a una situazione indecorosa.
In questo modo, finalmente, potremmo finalmente smetterla di fare del qualunquismo.
Paolo Moretti

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