La politica
e l'inutilità
di dirsi
onesti

  Il livello della politica italiana è talmente basso - ne parla qui a fianco il grande Federico Roncoroni in un pezzo fluviale e strepitoso - da averla fatta arrivare, almeno a parole, alla negazione di se stessa.
Il centrosinistra è pronto a vincere le prossime elezioni nazionali e regionali. La cosa avviene tutto sommato a sua insaputa, visto che l'assist gli è stato servito sul piatto dal disastro non solo politico, ma etico-morale, addirittura lombrosiano,  cucinato da un centrodestra che nulla sa di come si governa a palazzo e di come ci si comporta fuori dagli orari di lavoro in un serio partito liberal-conservatore. Ma questa è la storia dell'Italia, che non è il caso di star qui a rivangare nelle sue tante arretratezze culturali. Ora, che in materia di furti e ruberie di Stato Pdl e alleati abbiano elaborato tecniche raffinatissime e connaturate al profilo di tanti dei loro aderenti è cosa risaputa e confermata dalle statistiche, per quanto anche dall'altra parte non manchino parecchi casi clamorosi di razzie ai danni dei contribuenti e del proprio stesso partito. Non è questione di schierarsi con questi o con quelli, ma di meri numeri. Nella gara del gambero a chi ruba di meno, il Pd e le sue propaggini sembrano in vantaggio rispetto a chi per vent'anni ha cesellato lo spirito dei tempi della seconda Repubblica.
Il fatto grave, però, è un altro. A sinistra, sia quella moderata che quella radical-movimentista, è tornata a galla, ringalluzzita dal lievitare dei sondaggi e dall'azione di svecchiamento del ruffianissimo e sopravvalutatissimo Matteo Renzi, una retorica del perbenismo che non si vedeva così pervasiva dai tempi della Vandea manettara e giustizialista di Tangentopoli, sulla quale peraltro personaggi tutt'altro che limpidi come Di Pietro hanno costruito carriere mirabolanti e in larga parte immotivate. Beh, siamo finiti di nuovo lì. L'onestà - o almeno la sua ostentazione sbandierata ai quattro venti - è tornata a essere il tutto assoluto dei programmi di governo, l'alfa e l'omega di ogni strategia, la Dea Vesta a cui sacrificare ogni altro contenuto. Troppi aggettivi, troppi superlativi, troppe iperboli perché questa qui sia una roba seria. "Noi siamo onesti", continuano a ripetere e a ripetersi i probabili nuovi comandanti del vapore. Sai che roba. E ci mancherebbe altro. E' vero che a fronte dello schifo delle mangiatoie di Stato scoperchiate negli ultimi anni un richiamo alla durezza dell'etica è sempre doveroso, anche se sarebbe meglio ricordare che a fianco dei furti e della corruzione e del nepotismo dei partiti c'è pure quello dei sindacati, quello degli imprenditori sovvenzionati, quello delle categorie protette e dei loro ottocenteschi Ordini professionali (quello dei giornalisti in testa) e quello di larga parte della nostra mitica società civile, sempre pronta a star lì con il ditino alzato a pontificare sulle porcherie degli altri mentre si affanna a nascondere sotto il tappeto quelle di casa sua. Ma è anche indubbio che quella che è una categoria pre-politica, propedeutica e preliminare allo svolgimento dell'attività pubblica - l'onestà - non può invece trasformarsi nell'unico contenuto della politica in quanto tale. E' una cosa senza senso. L'onestà viene prima della politica, semplicemente perché a nessuno - non solo agli amministratori - è consentito rubare e nel caso qualcuno venisse beccato, faccia il piacere di andare in galera senza piagnucolare sul complotto delle toghe rosse, sulla manfrina del "mi hanno incastrato" e sull'evergreen dell'"io eseguivo solo degli ordini". Che pena.
L'onestà non c'entra, perché la partita si gioca sui contenuti, su cosa si vuol fare per l'economia, la sanità, la scuola, la ricerca, la sicurezza, le infrastrutture, tutti temi sui quali invece i due grotteschi governi Prodi e, per rimanere nel nostro piccolo, i primi incertissimi e molto spesso velleitari passi della giunta Lucini non hanno messo insieme neppure mezza risposta. "Noi siamo onesti", "il buco lo hanno fatto quelli che c'erano prima" e "non ci sono soldi" sono tre argomenti risibili. Abusati. Irricevibili. Se i cittadini italiani - e gli elettori comaschi - ti hanno scelto per governare dopo i disastri e le margnaffate di quegli altri è per risolvere i problemi da quegli altri creati, grandi o piccoli che siano, non per sentir snocciolare tutti i giorni il rosario che è tutta colpa di quelli lì e dello Stato che non fa niente per noi. Le giunte dei boy scout sono più presentabili di quelle dei traffichini, naturalmente, ma sono del pari inutili per risolvere i problemi delle persone vere ed è il caso che si trasformino al più presto in esecutivi che prendono le questioni di petto, non si facciano irretire dagli scienziati, dagli archimede e dagli intelligentoni che popolano gli uffici dei ministeri e dei Comuni - ad esempio, i multiformi premi Nobel che dall'empireo dell'ufficio legale di Palazzo Cernezzi dettano l'agenda del sindaco e degli assessori tutti - e inizino a portare a casa dei risultati. In caso contrario, tutto fa pensare che questo sarà il primo ma anche l'ultimo giro di giostra che i comaschi gli permetteranno di fare nel già penoso Luna Park della politica lariana.
Diego Minonzio

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