Lo Stato
non pensi
soltanto
alle tasse

  Costretto a rispondere alle molte critiche ricevute, il direttore dell'Ade (Agenzia delle Entrate) Attilio Befera ieri ha dichiarato, in una trasmissione radiofonica, che «il redditest non è uno strumento repressivo, ma di aiuto e anonimo».
In realtà, il fatto che sia stato obbligato a difendersi in tal modo la dice lunga, perché questo nuovo strumento disponibile on line è solo l'anticipazione del redditometro che partirà il prossimo gennaio, con l'obiettivo di chiedere a ogni contribuente di avere entrate che non si scostino più del 20% da quanto, sulla base dei consumi, è considerato "congruo". La reazione generale, facilmente percepibile nei media e in particolare nei social network, esprime in forma assai diretta il senso di oppressione che ormai accompagna uno Stato di polizia tributaria che ha perso ogni freno. Se tanti imprenditori lasciano l'Italia è anche perché rifiutano di essere considerati criminali fino a prova contraria. Nello specifico, non sembra giustificabile che si contestino taluni stili di vita sulla semplice base delle entrate, ignorando che vi sono famiglie che hanno capitali e che, specie in questi tempi, aumenta il numero di quanti erodono la ricchezza accumulata in passato per garantirsi comunque un certo benessere. Per giunta, Befera è il primo ad ammettere che il grande evasore non si scova così. Ma allora per quale motivo si è creato un tale clima di intimidazione che, ad esempio, induce molti a esportare piccoli capitali all'estero in maniera illegale, anche se potrebbero farlo legalmente (riportando quei dati nella dichiarazione dei redditi)?
Ormai vi è una tale paura di richiamare l'attenzione delle autorità che tanti agiscono fuori dalla legge anche se non ci sarebbe ragione di farlo.
Il rapporto tra il cittadino e il potere, però, non può essere impostato in questi termini, dato che l'Ade e quanti vi lavorano sono, fino a prova contraria, al nostro servizio. Proprio per tale motivo dovrebbero usare uno stile appropriato.
Più in generale, è sbagliato che il governo e l'amministrazione nel suo insieme continuino a operare primariamente e soprattutto sul lato delle entrate (cercando di incamerare una quantità di risorse crescente) e trascurino, invece, il flusso fuori controllo delle uscite.
L'Europa nel suo insieme e l'Italia in modo particolare stanno progressivamente declinando non perché il prelievo fiscale sia troppo basso, ma semmai esattamente per la ragione opposta.
Le istituzioni devono capire che la maggior parte della gente contesta l'artigiano con un reddito di duemila euro il quale non dichiara al fisco un quarto delle entrate. Ma ben più forte è la critica verso quanti, all'interno del settore pubblico, ricevono stipendi (tanto legali quanto immeritati) di molte centinaia di migliaia di euro all'anno.
Se non si comprende questo, la distanza tra la gente comune e il Palazzo crescerà ancora, mentre l'economia non riuscirà in alcuna maniera a rimettersi in carreggiata.
Carlo Lottieri

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