Bersani
e lo scoglio
dell'agenda
Monti

  Le primarie del centro-sinistra sono state un evento di "buona politica", perché hanno messo agli elettori di fronte a un bivio culturale e politico chiaro e distinto, che finora era stato coperto dalle nebbie del dibattito interno alle correnti del centro-sinistra, e hanno chiesto loro di scegliere. I dilemmi vengono da lontano.
La caduta del Muro di Berlino nel 1989 aveva messo in crisi non solo la cultura politica dei partiti comunisti, ma anche quella dei socialdemocratici. Dalla fondazione della Prima internazionale il 4 ottobre 1864 in avanti, fino alla Seconda (14 luglio 1889) e alla Terza (2 marzo 1919), il filo comune era stato quello dell'emancipazione degli sfruttati e degli oppressi attraverso la conquista dello Stato. La divisione tra socialisti e comunisti riguardava i mezzi, non il fine. I mezzi: per i socialisti erano le elezioni e la conquista della maggioranza, per i comunisti l'assalto al Palazzo d'Inverno e la dittatura del proletariato. In ambedue i casi, l'emancipazione dei lavoratori avveniva attraverso lo Stato.
Le dinamiche de-nazionalizzatrici e de-statalizzatrici della globalizzazione, la crisi fiscale degli Stati nazionali, i costi crescenti dello Stato del Welfare spinsero già sul finire degli anni '80 i socialdemocratici tedeschi e i laburisti inglesi a ridimensionare il dogma della centralità dello Stato e a cercare altre strade, in cui la società civile e le persone contassero sempre di più e lo Stato fosse meno invasivo e costoso e più "sussidiario".
Questo era il significato della formula di Schroeder "Neue Mitte" (Nuovo Centro) e di Blair "New labour". Quando cadde il Muro, i comunisti italiani non si trovarono più di fronte all'alternativa "comunismo" o "socialdemocrazia", ma a quella tra "vetero-socialdemocrazia", centrata sullo Stato, e "neo-socialdemocrazia", centrata sulla società civile. La seconda posizione raccoglieva una minoranza riformista-migliorista all'interno del vecchio Pci, ma soprattutto richiamava forze esterne al tradizionale Pci socialdemocratico: erano quelle di settori socialisti e cattolici, dopo la fine del Psi e della Dc. Negli anni che vanno dal 1989 ad oggi il Pci-Pds-Ds-Pd optò per la prima posizione.
Ed oggi, alla fine del 2012, la maggioranza uscita dalle primarie la ripropone, dando il 60% a un leader, che da parecchi anni è la figura più rappresentativa del "Pci socialdemocratico" emiliano-romagnolo. Renzi, che incarnava coraggiosamente la seconda, al punto di intersezione tra cattolicesimo liberale neo-sturziano e il socialismo liberale, è stato sconfitto. Forse è troppo severo il Financial Times, quando scrive di "incerto spirito riformista dei Democratici", ma non c'è dubbio che la "vetero-socialdemocrazia" di Bersani punti sulla centralità dello Stato. Il che vuol dire spesa pubblica, soprattutto nel Sud. Alla domanda sul futuro dell' "Agenda Monti", il candidato premier del centro-sinistra ha risposto: " Agenda Monti, più qualcosa!". Qualcosa che la continua o la dissolve?
Giovanni Cominelli

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