La campagna elettorale in corso sembra incoraggiare l’atavico qualunquismo degli italiani ai quali vengono offerte sempre più occasioni per credere che i politici siano "tutti uguali". Questo è l’effetto ottico che sortisce dalla deriva populista della politica italiana che appare tuttora incapace di proporre una soluzione alla grave crisi che attanaglia il paese. Gli indicatori economici seguitano a denunciare lo stato della nostra economia che continua ad andare avanti grazie al coraggio stoico di una classe imprenditoriale che vede nella politica più un ostacolo che un supporto. Mai come oggi si assiste ad una crescente divaricazione tra una società civile smaniosa di riforme ed un ceto politico preoccupato di preservare le proprie prebende e, per questo motivo, sempre più staccato dal paese. L’intangibilità dei privilegi di cui continua a godere la "casta", finisce inevitabilmente per screditare l’immagine della politica in una fase in cui, alla luce dei disastri commessi dalla finanza, sarebbe necessario elevarne il prestigio. Il degrado dello spirito pubblico, imputabile prevalentemente alla cronica incapacità dei partiti di autoriformarsi, induce il cittadino a credere che questa classe politica sia inadeguata per far uscire il paese dalla crisi. È questa la colpa più grave imputabile ai nostri partiti, quella, cioè, di alimentare il disgusto dei cittadini verso la politica in una fase delicata nella quale, di contro, alla politica incombe l’obbligo di ritrovare una propria dimensione etica. L’irrefrenabile vocazione populista riscontrabile in tutti i partiti costituisce il dato più desolante di una campagna elettorale in cui ogni attore proclama la propria estraneità al tracollo di un paese che appare smarrito. Il ritorno del Cavaliere sancisce in modo esemplare l’"eterno" ritorno a questa sorta di palude che è la politica italiana nella quale un partito, rimasto costitutivamente padronale, ripropone per l’ennesima volta il proprio lessico antico e il suo vecchio leader, visibilmente stanco e imbolsito. Con l’inopinata resurrezione del Cavaliere la destra italiana dimostra di non avere ancora capito che, da questa perdurante compenetrazione con il berlusconismo, cultura e valori liberali ne escono gravemente compromessi. La discesa in campo di Monti finirà per alimentare questa confusione perché con il professore nascerà una destra borghese, élitaria e tecnocratica che, in aperta contrapposizione alla destra berlusconiana, non servirà a fare chiarezza sull’unica questione che interessa al cittadino: uscire dalla crisi. Questo è il vero tema su cui la politica è chiamata a fornire una risposta. In caso contrario, se la politica cercherà rifugio nella demagogia per occultare la propria mancanza di idee, nessuno sarà mai più bravo di Berlusconi che, infatti, ha prontamente fiutato l’odore del sangue, il sangue di una politica ferita e incapace di interpretare i bisogni di un paese sempre più sfiduciato e depresso. Ecco perché è tornato il Cavaliere! Antonio Dostuni