La bufera economica in cui si è svegliato all'improvviso l'ospedale Valduce è solo uno dei campanelli d'allarme che stanno assordando gli italiani, sempre più frastornati da quel ricorrente ritornello chiamato «crisi». Ad analizzarla freddamente l'epopea finanziaria della sanità lombarda, senza pensare che comunque stiamo parlando della nostra salute, ci troveremmo di fronte lo specchio di questo Paese. Che si è creduto ricco al punto di largheggiare con i conti - la stessa commissaria del Valduce ha ammesso che in passato vi sono stati degli sprechi - salvo poi riscoprirsi povero e sentirsi costretto a tagliare, tagliare e tagliare.
Gli stipendi? Tagliati. I giorni di ricovero? Tagliati. Gli esami "inutili"? Tagliati. I medicinali per i pazienti? Tagliati. E non è una strategia che rischia di essere adottata esclusivamente per il Valduce. Perché in realtà tocca da vicino tutte le strutture sanitarie pubbliche o convenzionate. L'Asl comasca, ad esempio, s'è vista decurtare il budget per quest'anno di altri 16 milioni di euro. E di tagli se ne vedono quotidianamente anche all'ospedale Sant'Anna. Il gioco è potenzialmente pericoloso. Perché sarà anche vero che i conti vanno fatti quadrare, che l'oculatezza è quantomai necessaria, ma la china presa dalla sanità pubblica rischia di tramutarsi in un suicidio assistito. E se c'è un settore in cui non si dovrebbe badare a spese, salvo scongiurare gli sprechi di cui sopra, quella è proprio la sanità.
Che poi vai a scavare nei motivi profondi della crisi dei conti pubblici e scopri che la causa principale non necessariamente è da ricercare nei costi e nelle spese, bensì in un sistema economico basato su magheggi e artifici, investimenti in derivati e prestiti a tassi d'interesse folli che soffocano il futuro.
I politici, impegnati nelle promesse della campagna elettorale, in questi giorni sfornano slogan - per le ricette meglio ripassare, perché non se ne vedono in giro - su fantomatiche riforme della scuola (altro tasto doloroso, a proposito di tagli), della sanità, della spesa pubblica. E giù a parlare di risparmi, di riequilibrio, di lotta agli sprechi e nessuno che dica che la soluzione non può essere sempre e soltanto quella di tagliare.
Le conseguenze di una politica priva di orizzonti le conosce il contadino della nostra favola. Che, tornato a casa con i pantaloni troppo lunghi, chiede alla moglie di accorciarli ma lei ribatte: «Non ora». Poi va dalla madre e pure lei si rifiuta. Quindi chiede alla sorella, e la risposta è identica. Così l'uomo appoggia i pantaloni sul suo letto e va a lavorare. La moglie passa, li vede e decide di tagliare quattro dita di stoffa. Passa la mamma e pensa: "Se non glieli taglia nessuno, lo farò io" e via altre quattro dita. Infine la sorella: altro taglio. Il contadino torna, prende i pantaloni, li indossa e si ritrova con dei bermuda.
Ecco, per non ritrovarci con una sanità in formato bermuda, forse sarebbe il caso di piantarla di pensare solo ai numeri, e cominciare a guardare alle persone. Insomma: diamoci un taglio a tutti questi tagli. La stoffa ormai è finita.
Paolo Moretti
© RIPRODUZIONE RISERVATA