Giannino e l’esempio
che sa unire i comaschi

Il museo della Seta, uno dei luoghi che mantiene così viva la storia di Como, ieri conteneva a fatica le tantissime persone accorse per Giannino Brenna. Numerose, e anche così diverse in apparenza tra loro, legate dal comune ricordo dell’imprenditore scomparso un anno fa.

In questa varietà di volti, esperienze, memorie, c’è però tutta l’unicità di questo comasco. Che è anche avvolgere ogni ambito della vita con un unico sguardo, con il medesimo spirito e la stessa passione. E per questa ragione riesce a unire.

Con il libro “Un fiume di bene - Sui sentieri di Giannino Brenna” la famiglia ha inteso non celebrarlo, bensì raccontarlo perché il suo testimone potesse essere raccolto da tante altre persone, ciascuno a modo proprio. Il fiume è quell’energia straordinaria che è sgorgata sotto gli occhi di tutti: nell’impresa, nella famiglia, nell’impegno sociale, nello sforzo associativo, nel cammino con i giovani (dalla formazione allo sport) e nell’amore per la sua terra (Como, la sua Lipomo, il lago e le montagne esplorati con i figli e gli amici più cari).

Sembrano tante vite: è una sola e intensa, una corsa continua ma non per sé come i nostri tempi ci hanno troppo spesso abituati facendoci infatti deragliare verso una crisi che non è stata solo economica. L’esatto contrario: uno “scappar via”, in aiuto agli altri.

Nell’emozione per la generosità di Gianni - quell’attenzione incredibile e costante, tenuta più nascosta possibile - talvolta rischiavano di finire in sordina le sue capacità imprenditoriali. Ed è doppiamente sbagliato, perché appunto anche questo è stato lui.

Lo stesso Giannino: a casa, in stamperia, in ospedale con brioche e giornali per i malati, a casa degli amici e o nelle abitazioni di chi aveva bisogno di un aiuto economico e (spesso insieme a) una parola buona. Come accade nel corpo umano, è il cuore che imprime l’energia al sangue perché possa arrivare dappertutto: ecco, quell’energia si è vista nella vita di Giannino ed è arrivata anche più lontano. È giunta nelle esistenze di chi gli è stato vicino, a lungo o per un incontro più breve ma non meno importante.

Se Como ieri era presente e ancora lo sarà nel suo ricordo, è proprio per questo motivo. Perché gli uomini che hanno un volto unico, una parola sola e coerente, unici sanno essere. Perché quel fiume di bene che si era percepito nell’esistenza di Gianni e si è vista il giorno del suo funerale nella partecipazione della gente, non significa solo una reazione di pur importanti emozioni. È l’affetto che sa avvertire anche la responsabilità. Coglie che, se si ha avuta anche una sola fortuna - a partire da quella di aver conosciuto una persona speciale - bisogna correre (sì, ancora correre) a condividerla con gli altri.

Ieri due gesti sono stati particolarmente simbolici. Sicuramente, la volontà di destinare le offerte raccolte con il volume all’associazione “Oltre il giardino”.

C’è stato un altro atto significativo del figlio Gianluca: consegnare il diploma conseguito da suo padre al Setificio, perché potesse rimanere tra quelle mura tanto amate. Ma ancora una volta spingere altri a farlo, spronare a far scorrere un fiume che raccontasse la storia della Como tessile e in questa maniera aiutasse a costruirne il futuro.

Due gesti, un unico messaggio quello che Giannino non gridava, ma interpretava nella coerenza della vita: le cose migliori, si fanno insieme o meglio ancora, unendo gli altri.

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