Il Como è vivo
Evviva il como

Il Como ieri ha voltato pagina. In attesa di capire cosa ne sarà di sè stesso (Ricorso? Esercizio provvisorio lungo quanto? Nuovo acquirente?), intanto ha giocato. E vinto. In Coppa Italia. Senza certezze, senza stadio (Sinigaglia ancora inagibile per problemi burocratici), senza una vera società. Ma è ripartito. Sembra tutto nero, ma forse non lo è. Diciamo grigio, và. A cominciare dalla domanda che circolava nei bar ieri pomeriggio. «Il Como? Gioca? Ma se è fallito...». Già. A parte i tifosi, che sanno tutto minuto per minuto, la percezione di parte della città era che, visto il fallimento, il Como fosse sparito dalla circolazione. Nel calcio una volta era così, e capita ancora adesso. Dipende.

Il Como è fallito nei tempi giusti, è stato iscritto al campionato, può giocare senza retrocessioni imposte dall’alto, nel campionato in cui avrebbe giocato senza fallimento. La Lega Pro. È una delle poche certezze in mano ai tifosi e alla società (o quel che ne resta), ma è una certezza importante. Una certezza che hanno sfruttato alla grande i tifosi. Sì, perché mentre una parte di città era sorpresa che ci fosse un Como comunque in campo da qualche parte, 500 aficionados belli incazzati di amore e delusione sono partiti per Pavia come se si giocasse una finale playoff. Siamo pronti a scommettere che, se il Como non fosse fallito, ieri a Pavia sarebbero stati molti di meno. Ma ci sono momenti in cui il coro «Il Como siamo noi», spesso cantato allo stadio, trova corrispondenza nei fatti. Il Como solo loro. E allora ecco striscioni, battimani, cori e professione di fede. Nulla di nuovo: è in queste situazioni che una tifoseria si ricompatta, mostrando orgoglio, dignità, attaccamento che campionati deludenti a volte rischiano di minare.

I tifosi, dopo una pausa di riflessione, hanno scelto i destinatari dei loro strali: la vecchia società, per forza, e il Comune. Perché più che il fallimento, ai tifosi non va giù la questione del Sinigaglia, ci sbattono la testa, non possono accettare che un anno dopo siamo di nuovo qui senza l'impianto dove giocare, seppure anche una banalissima partita di Coppa Italia. E non hanno tutti i torti. In curva, anche lo striscione “Biasin sindaco”. Riferito a un bravo e giovane collega di Libero, che una settimana fa sul nostro giornale se la prese con tempi e strategie della città, legata al calcio e no, come solo un comasco che vive da tempo la metropoli può tirare fuori con veemenza. Quelle accuse alla città dormiente, sono state prese dai tifosi come l’editto, anzi l’epitaffio sul rapporto mai decollato, nei secoli dei secoli, tra città istituzionale e squadra di calcio. E così, aspettando che Biasin accetti l’incarico di sindaco, noi registriamo una giornata in teoria triste,ma che triste non è stata. Ricca di passione e di vita per i colori azzurri. Questo fallimento non sarà una passeggiata di salute, l’abbiamo detto e lo ribadiamo. Però il Como è ancora vivo. Per oggi ci basta così.

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