Il “nuovismo” che lascia
esposti al peggio

Lo sviluppo del nostro paese negli Anni ’60 è stato incredibile ed entusiasmante: uno dei suoi simboli furono le “strade dritte”, le autostrade costellate di gallerie e viadotti.

Ma quello sviluppo non è qualcosa di acquisito per sempre.

Nel 2015 il viadotto Italia sulla Salerno – Reggio Calabria, fu chiuso per precauzione e una campata fu fatta saltare – e poi ricostruita - prima che crollasse: lì l’Anas aveva agito in tempo.

Il ponte della A10 crollato a Genova era progettato per un terzo del traffico che l’aumento dei trasporti di merci nei porti di Genova e La Spezia (che sono anche la porta di casa per le imprese insubri) ha causato: prevedendolo, i precedenti governi, con l’accordo degli enti locali, hanno avviato i lavori del terzo valico ferroviario e previsto la “gronda autostradale” per allontanare il traffico dalle sofferenti infrastrutture di Genova.

Per quest’opera è in atto uno stanziamento di 8,5 miliardi di euro, che, con l’accordo dell’Unione Europea, non rientra nei parametri del deficit di bilancio.

L’opposizione dei No-Gronda è stata formidabile, con tutti i mezzi (lo attestano gli interventi pubblici di un esponente locale di un partito ora di governo, riscoperti in queste ore).

E’ un tema ricorrente: il bilancio ambientale effettivo di un’opera non corrisponde alle esigenze delle sole comunità locali: lo abbiamo visto con il gasdotto TAP, duecento ulivi contro gli equilibri di politica energetica dell’intero Occidente.

In un’epoca in cui tutti si sentono ingegneri e urbanisti (ma anche epidemiologi, avvocati, giornalisti e guru) bisognerebbe invece parlare solo basandosi su conoscenze affidabili.

Anche le ore seguenti la tragedia di Genova stanno dimostrando che per amministrare la cosa pubblica servono forti conoscenze tecniche, giuridiche ed economiche o un’immensa visione politica. La leggerezza e l’incompetenza non sono un valore, sono un ostacolo.

L’ansia di nuovismo può lasciare esposti al peggio: impressiona sentir parlare, a macerie ancora urlanti al cielo, di messa in sicurezza a livello nazionale, dopo che sono state or ora “smontate” – per questioni di redistribuzione di poteri tra i ministri - le strutture di Italia Sicura sul dissesto idrogeologico e Casa Italia sulla prevenzione e messa in sicurezza del paese.

E, a proposito di competenza e riflessione: i proclami tweet di assatanata caccia al colpevole forse in questo momento sono un po’ imprudenti o peggio ridicoli.

Dopo l’esigenza primaria di soccorso e riavvio delle condizioni minime di vita di un’intera città si dovrà accertare se e quali responsabilità – eventualmente – vi siano.

In Italia si sono fatti seri processi per grandi disastri, a partire da quello immenso del Vajont, senza l’accompagnamento di inutili proclami bellicosi ma con l’uso delle conoscenze scientifiche; e i saggi giuristi anglosassoni affermano che a volte i disastri accadono per “act of God”, per volontà di Dio, per combinazioni imprevedibili, che anche la nostra legge considera, e quando non si può arrivare a una precisa, specifica e provata responsabilità umana.

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